Trenta aprile 1993, trenta aprile 2023. Dalla pioggia delle monetine a quella dei garofani. Per la prima volta, dopo trent’anni, la rabbia e l’indignazione della comunità socialista e riformista hanno preso il posto alla rassegnazione. Un centinaio di attivisti e militanti delle diverse associazioni, fondazioni, partiti e realtà culturali che si richiamano alla tradizione del Psi si è dato appuntamento a Roma davanti all’hotel Raphael, in Largo Febo. Una manifestazione spontanea nata in rete, trasversale, di chi non si è arreso allora al golpe giudiziario.

E di chi vuole rivendicare oggi come allora di essere stato dalla parte del garantismo e della democrazia, contro le forche e le picche. Per non far passare l’ignobile aggressione subita da Bettino Craxi mentre usciva dalla sua residenza romana come l’atto ultimativo del Tribunale del Popolo. A trent’anni dal lancio delle monetine che colpirono con la figura di Craxi, l’intero corpo della Prima repubblica, sono stati centinaia i garofani rossi deposti a terra, sul selciato di quel Rafael che aveva fatto da proscenio per una tragedia prima politica e poi umana.

“Tirano di tutto, bottiglie, accendini… persino monetine!”, gridava chi si era trovato a improvvisare una scomposta telecronaca in diretta Rai. La caccia all’uomo iniziata nelle Procure terminava, come era stato  deciso e voluto, in piazza, con la sfida alla democrazia della pancia invelenita, disinformata, aizzata dei fan del pool. Ieri un piccolo gesto riparatorio è stato compiuto. Un altro è atteso. Davanti a Bobo Craxi, il figlio dello statista socialista che dopo quell’episodio si risolse di riparare in Tunisia, i manifestanti hanno reso note le loro ragioni e certificato il loro impegno. Hanno chiesto al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e all’Assessore alla Cultura, Miguel Gotor, di permettere l’esposizione in Largo Febo di una targa che ricordi quella brutta pagina di storia: “Qui il Segretario del PSI e Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, venne aggredito da provò a cambiare la politica con le inchieste giudiziarie”. Nei vocabolari si chiama golpe, ma pare che chiamarlo così non stia bene.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.