Il 2023 in soli 4 mesi ha già totalizzato quasi 4 suicidi al mese in media nelle carceri italiane. Morti in mano allo Stato, una mattanza senza fine che nel 2022 ha totalizzato 84 vittime, un numero record nella storia delle carceri italiane. E da Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, già arriva la terribile notizia dell’ennesimo suicidio, il 15esimo dall’inizio dell’anno. “Un detenuto si è tolto la vita poco dopo la mezzanotte nel carcere di Santa Maria Capua Vetere legandosi alle inferriate della finestra della cella ove si trovava ristretto, a nulla sono valsi i soccorsi della Polizia penitenziaria e dei sanitari. Da quanto si apprende, si tratterebbe di un ristretto del circuito ad ‘alta sicurezza”, ha detto Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria.

“È successo nel Tamigi, un ennesimo dramma umano – spiega Emanuela Belcuore, garante dei detenuti della provincia di Caserta – Santa Maria Capua Vetere è un carcere tristemente noto per tremendi fatti di cronaca e persistono problematiche molteplici. In primis psichiatri e psicologi sono troppo pochi per una popolazione carceraria di circa 900 persone. Anche gli agenti sono sotto organico: come può un solo agente, o al massimo due, di turno di notte controllare tre sezioni collocate su tre piani diversi per un totale di 100 detenuti da tenere sott’occhio? È impossibile. Gli agenti dovrebbero stare fissi sui piani almeno la notte”.

“Così succedono tragedie come l’ultimo detenuto che ha approfittato della notte per togliersi la vita – continua la Garante – Gli altri detenuti si sono rivoltati chiamando gli agenti ‘assassini’ perché non avevano impedito quella morte. Ma, ammesso che un compagno di cella si accorga che l’altro si sta togliendo la vita, chiama l’agente che magari sta due piani sotto, farà mai in tempo ad arrivare e salvare il detenuto? L’agente in questione probabilmente potrà solo prendere atto di quanto accaduto e i soccorsi a costatare la morte”. Secondo al garante Belcuore, “gli agenti indagati per la mattanza sono stati sostituiti solo in parte e la carenza di organico resta pesante”, continua Belcuore che per Santa Maria lancia l’appello: “È importante aprire l’area verde per i colloqui anche ai bambini dei reclusi così come fatto per i cani per non interrompere il rapporto genitoriale in un luogo di sofferenza”. E ancora un altro appello per la salute soprattutto delle detenute: “La festa della mamma vedrà come protagoniste le donne dell’alta sicurezza femminile del reparto Senna, nel contempo sarebbe utile organizzare una giornata dedicata allo screening tutto al femminile. Un appello ai ginecologi del nostro territorio per offrirsi volontari, e portare le attrezzature in carcere e procedere a visite accurate”.

Anche i sindacati di polizia penitenziaria da tempo si uniscono al grido di dolore per la situazione nelle carceri, chiedendo condizioni lavorative migliori per tutti. ”Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato, la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese”. Lo afferma Donato Capece, segretario generale del Sappe. “Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”, afferma Capece richiamando un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere che aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. – continua – Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”. Capece si appella al ministro Guardasigilli Carlo Nordio: ”Chiedo al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. È necessario prevedere un nuovo modello custodiale. Tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori, e spesso un solo Agente, come nel caso in ispecie, si deve occupare di due Reparti. Confidiamo dunque che ora si vedano finalmente fatti concreti”, conclude Capece.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.