Distretto culturale, il “Lazio c’è riuscito lo si attivi anche in Campania”

Il costo della mancanza di cultura è maggiore, per una società, del costo della cultura, e in una regione come la Campania, che detiene il primato di regione italiana con più siti Unesco, è un obbligo e un dovere investire sulla cultura di un luogo che trasuda storia, tradizione e arte. Come fare? Promuovendo la trasformazione digitale e la riqualificazione delle competenze in ambito culturale e creativo, incentivando reti telematiche e territoriali, avvicinando dell’educazione a quello della cultura, rendendo la cultura un bene accessibile a tutti, spogliandolo così dello status di privilegio riservato a un’élite. «Una delle prime cose da fare è creare reti strutturate tra istituzioni, mondo della ricerca e imprese – spiega Giovanna Barni, presidente CoopCulture – Bisogna colmare il divario esistente tra le competenze tradizionali e i nuovi fabbisogni per un nuovo ruolo della cultura come motore di coesione sociale e di sviluppo economico sostenibile, al fine di valorizzare il grande capitale umano della regione in ambito culturale e creativo».

Uno spunto potrebbe essere il progetto DTC (Distretto Tecnologico Culturale) della Regione Lazio, un network tra università, cooperazione culturale e mondo dell’artigianato, che ha avviato laboratori utili alla formazione di competenze e soluzioni innovative per la valorizzazione del patrimonio culturale e delle produzioni artigianali e artistiche. Cultura e educazione devono avvicinarsi e per farlo, «bisogna rendere il patrimonio culturale e i centri di produzione culturale laboratori permanenti diffusi di apprendimento per i giovani campani ma anche per lifelong learning degli adulti – suggerisce Barni – anche al fine di contrastare la povertà educativa e i divari che ne scaturiscono». Ed è questo un altro aspetto fondamentale per restituire alla cultura il ruolo che le spetta all’interno di una società: deve essere un bene di tutti. «In questa contemporaneità segnata da una rivoluzione digitale che non ha precedenti, per portata e per conseguenze, nella storia dell’umanità – spiega Paola Villani, direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università Suor Orsola Benincasa – credo sia ora un imperativo etico lavorare sulla “accessibilità culturale”, lavorare cioè sulla comunicazione della cultura.

Non si tratta solo di applicare le nuove tecnologie ma di fare molto di più». Per creare un linguaggio “universale” che possa essere di facile comprensione per tutti bisogna investire nella formazione. «La Regione di concerto con le università, le scuole e le altre istituzioni educative – dice Villani – può promuovere la formazione di figure professionali che siano sempre più solide e insieme flessibili, sempre più in grado di raccogliere le sfide della contemporaneità, e di un mondo del lavoro, e della cultura in particolare, che vede oggi (dati alla mano) che le dieci professioni più richieste dal mercato del lavoro solo dieci anni fa semplicemente non esistevano affatto». Qualcosa è stato fatto in questa direzione, con il riconoscimento di figure professionali da formare con percorsi specializzati, per esempio, prima dell’estate è nata la figura di tecnico per il restauro. Ma molto altro resta da fare. «Rendere appetibili le professioni e i mestieri della cultura, dell’arte, dello spettacolo – sottolinea Villani – Permettere ai giovani di sperare in un futuro lavorativo in questo settore, un futuro che (magari) possa trattenerli nella loro regione, senza obbligarli ad andare all’estero».

A questo si aggiunge un tema molto sentimentale ma altrettanto importante: restituire e riconoscere l’identità della nostra terra. «La Campania, o meglio i campani, devono crescere in consapevolezza, acquisire coscienza di un volto del meridione che spesso viene dimenticato e confuso in comodi stereotipi radicati per secoli. Recuperare cioè il volto di un meridione della cultura, del pensiero, dell’università e della ricerca». Si deve ritornare a pensare il Mezzogiorno come capitale della cultura, come quel luogo glorioso nel quale fu fondata la prima università laica d’Europa e che fu di Croce, di Caravaggio e Vico.