La rubrica
Dodici uomini arrabbiati e uno solo garantista e ragionevole
“La parola ai giurati” è il film del 1957 che segna il debutto in ambito cinematografico del regista statunitense Sidney Lumet. Quest’ultimo, partendo dalla sceneggiatura di Reginald Rose, realizza un dramma di grande coinvolgimento e impatto emotivo; pur non rivelandosi un successo in termini commerciali, il lungometraggio si aggiudica l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e sarà inserito, nel 2007, nella lista dei cento migliori film americani dall’American Film Institute. Il regista gira pressoché tutto il film in un solo set, ovvero nella stanza dove i dodici giurati sono chiamati a svolgere il dibattito allo scopo di esprimere il verdetto.
Tutta l’azione si svolge a New York e ivi è in corso un processo per omicidio: un uomo è morto e suo figlio è accusato di essere l’assassino. Una giuria, composta da 12 uomini, è chiamata a esprimere un verdetto; in caso di decisione di colpevolezza unanime il ragazzo finirà sulla sedia elettrica, tuttavia, in caso contrario, si dovrà ripetere il processo. A questo punto tutto appare semplice in quanto 11 uomini su 12 sono già d’accordo circa la colpevolezza dell’imputato, mentre uno solo dei giurati appare dubbioso e, proprio partendo da questo dubbio, saranno vagliate nuovamente tutte le prove a carico dell’imputato in un confronto acceso e senza remore; conseguentemente e gradualmente tutti i giurati cambieranno idea circa la reale colpevolezza del ragazzo e condivideranno le perplessità del giurato dubbioso. Il titolo originale, in inglese, è “12 Angry Men” (12 uomini arrabbiati) e indica con maggiore chiarezza il senso di questo film. Ci sono due gruppi: nel primo 12 uomini, arrabbiati e giustizialisti, e nel secondo 1 solo uomo, ragionevole e garantista. Per quanto la ricerca umana della verità sia complessa alla fine la verità tende sempre a uscire allo scoperto; i 12 uomini arrabbiati sono d’accordo perché l’ira offre una soluzione più semplice attraverso un verdetto sommario, mentre la ricerca umana della verità implica uno sforzo e una ragionevolezza più graduale e snervante.
Sidney Lumet sembra osservare che la relazione tra giustizia e verità non può che essere molto stretta. Come si può parlare di giustizia civile senza considerare un’accurata ricerca della verità? Come si può pensare che una società sia giusta analizzando i suoi problemi in maniera sommaria senza un approccio scientifico e approfondito? Del resto, anche nel Vangelo di Giovanni è scritto (8, 32): “Solo la verità vi farà liberi”. Il film “La parola ai giurati” è arricchito dalle performance recitative di Henry Fonda, chem interpreta il dubbioso giurato n. 8 e da Lee J. Cobb, che interpreta l’irascibile giurato n. 3; Fonda, pacato e moderato, offre allo spettatore un personaggio pulito e senza sbavature, mentre J. Cobb, con la sua grande presenza scenica riesce a emergere caratterizzando e puntellando il personaggio. Entrambi i personaggi si scontreranno e discuteranno senza tregua ma, grazie a questa lotta dialettica, si vedrà alla fine un po’ di luce. La regia di Lumet, dal canto suo, riesce a restituire l’immagine chiaramente claustrofobica attraverso un uso adeguato della macchina de presa con angolature basse e specifici obiettivi stretti che risaltano la tensione e la lotta tra i giurati.
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