Questo romanzo di Percival Everett (“Dottor No”, traduzione di Andrea Silvestri, La Nave di Teseo) è lunghetto (320 pagine) ma si legge in due ore. Di solito questa non è una bella premessa: sembra alludere al fatto che si tratti di un libro “un po’ scemino”, come scrisse Alberto Arbasino dei primi romanzi di Scott Fitzgerald. Quello era un giudizio sbagliato, come sarebbe sbagliato considerare minore questo libro di Everett che pure, inevitabilmente, non può raggiungere il celebratissimo “James” insignito del premio Pulitzer (scritto dopo “Dottor No”).

Questo è un romanzo in cui Everett ha l’aria di prendere in giro tutti, il pubblico, forse sé stesso, inventandosi una storia assurda modellata sul primo romanzo di Ian Fleming con 007, era “Licenza di uccidere”. Molti ricorderanno il film dove Sean Connery intraprendeva la sua storica lotta contro Dottor No, quel pazzo miliardario col gatto in mano che progettava scenari catastrofici per il pianeta che James Bond poi riusciva a sventare. Bene, qui c’è un tale, un matematico che si chiama Ralph Townsend, che si è scelto lo pseudonimo di Wala Kitu (Wala è il termine che indica il nulla in tagalog, Kitu è quello che indica il nulla in swahili) e che è fissato con una cosa strana: il nulla. È il buono della situazione. Sulla sua strada incontra John Sill, un riccone che odia gli Stati Uniti e vuole distruggerli con, appunto, il nulla che si trova in una misteriosa scatola depositata a Fort Knox (anche qui una reminiscenza di Fleming). Per ottenere lo scopo arruola il medico che poi capisce le intenzioni del pazzo Sill.

Laddove nei romanzi e nei film di 007 c’erano dinamite, laser e armi ultramoderne, qui c’è il nulla, l’arma più potente di tutte. Townsend è una brava persona, non “eroica” come Bond, ce lo figuriamo come un Harrison Ford ingenuo e buono in lotta contro il Male, che è impersonato da Sill, in un duetto brillante quando non addirittura comico. Compaiono pure un Bill Clinton, un Coltrane, a rendere il tutto più curioso fino alla soluzione finale che si può forse indovinare. Forse è eccessivo filosofeggiare su tutto questo. Lo stesso “Nulla” è preso in giro, genera incomprensioni e battute. E Percival Everett, questo scrittore così particolare, non si risparmia: la narrazione non solo si fa parodia del genere di spionaggio, ma cattura chi legge con un botta e risposta tra serietà e scherzo.

Tra dissertazioni logico-filosofiche, non mancano le citazioni a matematici e filosofi come Heisenberg e Russell, e battutine simpatiche su nulla. Di certo, il gioco di Everett è a suo modo geniale: cosa inseguono Townsend e Sill? Cosa inseguiamo noi che stiamo leggendo un libro sul nulla? E cosa resta alla fine, se non il nulla, di un romanzo sul nulla? Si potrebbe semplicemente dire: nulla, non stiamo cercando nulla, vogliamo solo passare due ore tra le tante della vita, ed è perfettamente inutile star lì a parlare, appunto, di nulla. Il bello è che per due ore Everett ci inchioda lì, in una parentesi esistenziale tra un prima e un poi. Forse fatta di nulla.