La vicenda
E se la normativa sulla comunicazione del gioco fosse ispirata alla bizona di Oronzo Canà?
Ci è cascata anche Striscia la notizia che a inizio giugno ha denunciato il presunto escamotage utilizzato dalle aziende che offrono gioco d’azzardo per farsi pubblicità. Ci è finito di mezzo il nonno d’Italia, quel Lino Banfi che quando vestì i panni dell’allenatore nel pallone s’inventò la strategia della bizona: uno schema talmente complesso che nessuno ci capiva nulla.
Procedendo con ordine: nel 2018, con lo stesso decreto con cui abolì la povertà, testuali parole dell’allora ministro Luigi Di Maio, il Governo cinquestelle mise al bando ogni forma di pubblicità dei giochi con vincita in denaro. Lo scopo, lodevole, era quello di limitare il fenomeno della ludopatia; lo strumento – vietare la pubblicità degli operatori legali che, giova ricordarlo, offrono giochi per conto dello Stato – assai più discutibile, tanto da essere criticato anche dalla Commissione Europea che fece presente che, quando si vieta la pubblicità del gioco legale, diventa attrattiva e indistinguibile l’offerta illegale.
Divieto assoluto di pubblicità del gioco del 2018 cui nel 2024 si affianca, ed è qui che subentra la bizona, l’obbligo di comunicazione sul gioco responsabile che impone alle aziende che offrono giochi di investire lo 0,2% dei propri fatturati per “effettuare, con oneri a proprio carico e con l’indicazione del proprio logo o marchio, campagne di promozione, comunicazione e diffusione di messaggi (…) per promuovere la prevenzione e il contrasto del gioco patologico”.
Succede così che Lino Banfi, attempato barista o croupier, non è dato saperlo dallo spot, finisce per mettere in guardia dal gioco patologico per conto della StarCasinò, azienda afferente al colosso Betsson. Pochi secondi di sguardo severo, fisso in camera, senza che passino immagini del gioco o di sale da gioco, e col logo dell’azienda che appare, piccolino piccolino e per una frazione di secondo, in coda allo spot.
Una mossa coerente con gli obblighi imposti dalle norme del 2024 secondo gli esperti interpellati, eppure in contrasto, secondo il TG satirico di Antonio Ricci, con quelle del 2018. A sbrogliare la matassa interverrà a breve un documento dell’AGCOM, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che sta lavorando a linee guida per orientare gli operatori del gioco. Nel frattempo, finire nel mirino di un TG satirico o di chi deve far rispettare gli obblighi di legge dipende da quanto si è “fortuneti”. Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, insomma.
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