Mes, Pnrr e le scadenze non rispettate
Economia, il governo Meloni rimandato a settembre: non “è tutto sotto controllo”
L’intervista della premier al Corriere doveva gettare acqua sul fuoco ma il gran caldo, si sa, asciuga tutto in fretta. Il “Tutto sotto controllo”, con sottotesto: “Non disturbate il manovratore” non ha convinto nessuno. Non va tutto bene se si parla di ritardo di mesi rispetto al pagamento di 19 e 16 miliardi della terza e quarta rata del PNRR. Sulle migrazioni se ne riparlerà, c’è solo un piccolo veto dei suoi amici sovranisti, su cui si innesca un lisergico gioco di specchi, di veti e di rimandi.
Sul Mes, come sopra. Se ne riparla tra qualche mese, dopo l’estate, e si continua a non capirne il perché. Di sciogliere i nodi sulle alleanze europee con l’estrema destra non è tempo. Ieri le parole della premier hanno risuonato a Milano, all’assemblea di Assolombarda. “Ripresa post-Covid che ci consegna una economia in crescita oltre le aspettative, con la stima di una previsione al rialzo a +1,2% nel 2023, una crescita superiore alla media Ue”: quella che la premier Meloni rivendica per sé come “Dimostrazione di una affidabilità maggiore rispetto al resto dell’eurozona”, nasce in realtà dalla buona semina del governo di Mario Draghi, a voler fare un nome.
A lei oggi non rimane che incitare sul Pnrr: “Tutti ai remi. Vi assicuro che i fondi li metteremo a terra costi quel che costi”. Il presidente degli industriali lombardi, Spada, va a vedere le carte coperte: chiede al governo di svincolare gli investimenti strategici dal Patto di stabilità. Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, apprezza “la nuova narrazione dell’industria” da parte della premier.
Narrazioni a parte, rimangono i numeri. Entro il 30 giugno il governo italiano avrebbe dovuto rispettare 27 scadenze concordate con l’Unione europea per chiedere l’erogazione dei 16 miliardi di euro della quarta rata del Pnrr. Dieci sono le scadenze completate. Tra le 17 ancora da conseguire, quattro potrebbero essere considerate a buon punto. Cioè vicine al completamento, in base alle (poche) informazioni disponibili. Sappiamo, per quelle in itinere, che sette riguardano la transizione ecologica, quattro la pubblica amministrazione, tre l’inclusione sociale e lavoro e imprese.
Mentre l’erogazione dei 19 miliardi della terza rata è ancora bloccata, ci sono altri progetti con risorse legate all’attuazione del Pnrr che sono in ritardo. Stiamo parlando del fondo complementare al Pnrr (il suo nome ufficiale è “Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr”), finanziato con quasi 31 miliardi di euro. Questo fondo è stato creato nel 2021 dal governo di Mario Draghi ed è finanziato con risorse nazionali, dunque non provenienti dall’Ue. Come suggerisce il nome, il suo obiettivo è quello di contribuire al finanziamento dei progetti del Pnrr e al raggiungimento delle finalità del piano con una serie di investimenti a parte. Negli scorsi mesi il fondo complementare al Pnrr ha incontrato varie difficoltà che ne hanno rallentato l’attuazione, come dimostrano i monitoraggi finora realizzati dalla Ragioneria generale dello Stato. Bene la narrazione, insomma, ma male l’enumerazione.
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