Dem in preda a scorribande 5 Stelle
Elezioni Regionali, Conte pigliatutto, Schlein e il Pd alla deriva: Tridico in Calabria, Giani precettato da… Taverna. Marattin: “E parlano di sacrificio necessario”
Il caldo, il mare e uno scampolo di vacanze agostane distraggono gli italiani quel tanto che basta a Elly Schlein e Giuseppe Conte per consolidare il loro patto segreto. Una spartizione di candidati presidenti alle prossime regionali che non tiene in alcuna considerazione il tavolo congiunto del campo largo, autentica chimera della politica. Un accordo che non fa prigionieri: le prime file sono per il Pd e per il Movimento. Ad Avs vanno le seconde file. Se e quando rimanesse qualcosa, in termini di posizioni conquistabili, si penserebbe qua e là a un eventuale consigliere regionale per Italia Viva, Psi, Azione e +Europa.
Conte detta la linea anche in Calabria
La Calabria diventa così il trampolino per rilanciare sul piano nazionale Pasquale Tridico, sodale di Conte ‘parcheggiato’ con evidente insofferenza al Parlamento Europeo. Ieri pomeriggio l’ex presidente Inps si è «reso disponibile» per correre. Il leader 5 Stelle appoggerà Eugenio Giani in Toscana e Matteo Ricci – dopo avergli fatto l’esame del sangue – nelle Marche. Ma adesso rialza il prezzo. Vuole Tridico in Calabria e impone a Giani un faccia a faccia con Paola Taverna che, forte del patto Conte-Schlein, può aggirare il modesto 4% sul piano regionale e dettare la linea per la Toscana. Finisce in burletta, con Giani, persona seria, costretto a controfirmare il via libera a un programma da brividi, in stile grillino: salario minimo toscano, reddito di cittadinanza regionale, no assoluto a rigassificatori sul territorio del Granducato.
Lo sfogo di Marattin: “Promettono cialtronate e parlano di sacrificio necessario per le politiche”
I riformisti toscani insorgono, si interrogano. Ha buon gioco Luigi Marattin, quasi incredulo per l’assist gentilmente offerto al Partito Liberaldemocratico da un tale disarmo, da una deriva disperata del Pd. «Tutto il peggior armamentario populista e demagogico, più arretrato delle posizioni di Rifondazione Comunista del 1994», riepiloga Marattin. «Accordo suggellato da una stretta di mano con Paola Taverna, che in un recente passato aveva apostrofato il Pd con raffinati epiteti («mafiosi», «schifosi», «merde», «dovete morire») per i quali non si è mai scusata. Ai tanti che in queste ore hanno chiesto – allibiti – spiegazioni su questo incredibile comportamento, viene risposto che questo sacrificio è necessario al fine di costruire la stessa alleanza alle elezioni politiche del 2027. Vale a dire, si promette agli elettori toscani una sequenza di cialtronate populiste nella propria regione al fine di essere in grado di promettere le stesse (e peggiori) cialtronate populiste agli italiani tra due anni. E che dire dei “centristi” che fanno a gara per accaparrarsi un posto in questa Armata Brancaleone di demagoghi e populisti? L’unica cosa che sono in grado di fare quando glielo fai notare è aggredirti e insultarti perché “noi abbiamo tradito”. Noi, eh».
Pd in preda a scorribande 5 Stelle
Dalla Sardegna, insorge da Olbia l’avvocato Andrea Viola, dirigente di IV: «I cosiddetti riformisti di centro sono trattati come ospiti da detenere nascosti, in esilio. Se il campo largo è la “grillinizzazione” del Pd siamo veramente lontani». Luigi Zanda, che del Pd è socio fondatore da qualche anno prima che il gruppetto antagonista di ‘Occupy Pd’ incoronasse Schlein, scolpisce una definizione nella pietra: «Il Pd come perno del centrosinistra sarà imperituro, ma il Pd come partito riformista non esiste più». E se il partito-chiave del campo largo diventa preda delle scorribande grilline in tutta Italia, ora il tema è che cosa decidono di essere, che cosa vogliono diventare i soggetti dell’area riformista. Più forti per cultura politica che per consensi elettorali, accettando di infilarsi in buon ordine nelle retrovie – secondo i desiderata di Conte e Schlein – rinnegano la loro identità e il loro valore aggiunto.
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