Dopo il caso Milano, le toghe colpiscono ancora. A due mesi dal voto. Nel mirino questa volta è finito Matteo Ricci, in corsa nelle Marche contro Francesco Acquaroli. “Sorprendentemente ho ricevuto un avviso di garanzia sulla vicenda annosa degli affidi dei murales che è ormai sulla stampa da un anno. Sono sereno nel merito però anche molto amareggiato e molto arrabbiato. Sono fiducioso nel lavoro della magistratura. Sono convinto che smonteremo subito queste accuse. Quindi tanta amarezza e tanta rabbia ma anche tanta serenità perché nel merito sono completamente estraneo ai fatti”, ha affermato l’eurodeputato del Partito democratico. E nelle carte spunta un passaggio inquietante: “L’accusa è curiosa perché io non avrei ottenuto nessuna utilità patrimoniale ma in termini di consenso politico”.

Conte pronto a scaricare Ricci

Giuseppe Conte è pronto a scaricarlo: “Ci riserviamo di valutare approfonditamente le contestazioni. Se vi sono gli elementi di una condotta disonesta, che ha portato a indebiti vantaggi personali, sarebbe incompatibile con i nostri princìpi e i nostri valori”. E poi ci sono le strategie politiche per le regionali. Il fu avvocato del popolo sogna la botte piena e la moglie ubriaca, ovvero il colpo grosso e il Pd trasformato in gregario. Condizionare candidati e coalizioni in vista del voto in autunno, e imprimere ovunque il marchio determinante del M5S: il piano nato negli eleganti uffici di via di Campo Marzio, per mandare fuori strada Elly Schlein. Il vestito giusto in Campania, per il candidato di Posillipo, l’ex presidente della Camera, ricordato prevalentemente per un servizio fotografico che lo immortalò a bordo di un autobus.

Fico e il quasi amico De Luca

Roberto Fico sente a un passo l’investitura, e per l’occasione dismette l’ascia di guerra verso il governatore Vincenzo De Luca. Il bersaglio di cinque anni di violenta opposizione si trasforma in un quasi amico, una sorta di figliol prodigo da accogliere a porte aperte. L’ex grillino improvvisamente è molto disponibile: va benissimo ammettere continuità con i dieci anni di De Luca e nel caso riconoscergli un assessorato di peso, in fondo se lo merita. All’ombra del Vesuvio spunta un Movimento duttile e convesso, una prima assoluta: in coalizione spazio anche per le liste del già avversario. D’altra parte, è stato l’ex presidente del Consiglio a togliere le castagne dal fuoco nel corso di una cena con De Luca. “E pace fu”.

In Toscana il Pd prova a cambiare cavallo ma cede a Giani

In Toscana invece torna l’anima di sempre, in un esilarante gioco di specchi con il Nazareno: “Vai avanti tu che mi viene da ridere”. Il Pd fino all’ultimo ha tentato di cambiare cavallo, chiamando in causa l’avversione dei “cugini” a 5 Stelle. Una manovra troppo spericolata per gli outsider del “tortellino magico” della segretaria; infatti è fallita. Giani otterrà l’agognato via libera dalla direzione regionale dem convocata a fine mese. I 5 Stelle devono ancora sciogliere la riserva; se sarà un sì, li attende un piatto ricco nell’organigramma della prossima Giunta. Benedetto dallo stesso governatore, che ieri ha ammesso: “Il modello nazionale è quello del campo largo e si applica alle 5 Regioni che andranno al voto”. Insomma, come in Campania, dall’intransigente opposizione ai piani alti. Il massimo risultato con il minimo sforzo, come predica il “calcio totale” del trainer Giuseppe Conte.

In Veneto solo un miracolo

In Veneto, Pd, M5S e Avs possono sperare solo in un miracolo, per dire che la partita è molto impegnativa. Quindi via libera a un riformista, Giovanni Manildo, il sindaco che a Treviso riuscì a superare il leghista Giancarlo Gentilini. Dalle parti di Venezia i pentastellati riprovano un evergreen, spiega il portavoce veneto Simone Contro: “Abbiamo posto fin dall’inizio la condizione, nessun simbolo di IV o di Azione nella lista dove potranno essere presenti invece dei loro rappresentanti”. Dal Pd silenzio-assenso, “non innervosiamo i nostri alleati”.

In Puglia l’ultimatum di Decaro a Elly

Nelle Marche, Ricci ha giocato d’anticipo: “Nel mio programma non c’è il termovalorizzatore”. Applausi a scena aperta dal M5S, e fine delle tensioni (per ora). Un altro scenario in Puglia, dove il Pd sembra non aver bisogno di partner in crime. L’eurodeputato Antonio Decaro, già acclamato primo cittadino di Bari, aveva concordato da un anno la sua disponibilità a succedere al governatore Michele Emiliano. Una situazione tranquilla, esplosa per la decisione dell’ex pm di correre alle regionali nelle liste dem. Decaro non gradisce e avverte Elly Schlein: “Fallo desistere”. La segretaria alza le spalle, “non ci penso neanche, se la vedranno loro due”. Morale della “favola”? L’annunciato pretendente perde la pazienza e lunedì manda un messaggio in codice a Roma: “Sono presidente della più importante Commissione del Parlamento europeo, sto bene dove sto”. In sintesi: o mi togliete di torno Emiliano o non mi candido. Decaro, peraltro, rischia di avere due “balìe”, oltre al presidente in carica, Nichi Vendola che sarà capolista di Avs. L’inquilina del Nazareno ha già dato il suo verdetto (“finirà 4-1”); poi ha fatto di tutto per siglare un’autorete. In ogni caso, non sarebbe la “mano de Dios”.