Prima un suicidio, poi un incidente e ora, a oltre vent’anni di distanza, è di nuovo tutto in discussione. Tre assoluzioni e due rinvii a giudizio sono stati decisi in udienza preliminare a Pisa per la morte di Emanuele Scieri, il parà della Folgore morto in circostanze ancora non chiarite alla caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto 1999. Non ci fu favoreggiamento da parte dei vertici della Folgore nel coprire quello che l’accusa ritiene ancora essere un omicidio.

La procura pisana aveva chiesto 18 anni per omicidio volontario aggravato per Andrea Antico, quattro per favoreggiamento per l’ex comandante della Folgore Enrico Celentano e il maggiore Salvatore Romondia, tutti assolti oggi. “Erano suggestioni – ha commentato Barbara Druda che ha assistito Romondia – si è parlato tanto della famosa telefonata fatta dal mio cliente ma il contenuto di quella telefonata non è mai stato rivelato”.

Gli imputati entrano in aula ed escono meno di un’ora dopo. Veloce la lettura della sentenza che ribalta l’impianto accusatorio e il lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta che ha riaperto il caso. Un caso che ora, a meno di appello da parte della procura, resta aperto solo sul fronte del rito ordinario per gli altri due imputati, Luigi Zabara e Alessandro Panella, accusati di aver provocato la morte di Scieri in un atto di nonnismo.

La sentenza ferisce le speranze della famiglia Scieri: “Non ci fermeremo – annuncia il fratello di Emanuele, Francesco – resto convinto che loro, in questa vicenda, un ruolo lo abbiano avuto e, anzi, inimmaginabile che non ce lo abbiano avuto. Ciò che fa più male è che i tre imputati per un fatto così grave possano farla franca”.

Militare di 26 anni, siciliano, laureato in Giurisprudenza, appena arrivato al centro di addestramento della Folgore di Pisa per il servizio militare, alla caserma Gamerra. Il 16 agosto del 1999 fu trovato morto ai piedi di una scala della caserma, ma il decesso era avvenuto tre giorni prima. Secondo le indagini, Scieri, la sera del 13 agosto avrebbe subìto violenti atti di nonnismo che ne causarono la caduta dalla scala dove forse aveva cercato riparo.

Era stato trasferito insieme a settanta commilitoni il 13 agosto e dopo aver sistemato i bagagli in camerata, Scieri si sarebbe unito ai colleghi per una passeggiata nel centro di Pisa. Una volta rientrato in caserma intorno alle 22.15, non risponde al contrappello delle 23.45. Nonostante diversi colleghi riferiscano che è tornato in caserma, viene dato per non rientrato: a quell’ora è già morto. Il cadavere resta ai piedi della scala per tre giorni.

Dopo la prima archiviazione come incidente, la Procura di Pisa nel 2017 riaprì l’inchiesta, anche dopo il grande lavoro effettuato dalla commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nel 2016 e presieduta dalla parlamentare Sofia Amoddio. “Se oggi c’è la speranza di individuare i responsabili dell’omicidio Scieri, con l’apertura del processo dopo 22 anni dalla morte, lo si deve alla politica: commissione d’inchiesta 2015-2017, relatrice la deputata Pd Amoddio, Governi Renzi-Gentiloni, ministra della Difesa Pinotti” scrive su Facebook il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, “Grazie alle audizioni della commissione si sono riaperte le indagini, contro anni di omertà, disinteresse, pressappochismo e forse insabbiamenti. Ora i magistrati hanno il dovere di assicurare i colpevoli alla giustizia. Intanto, spazzata via la tesi infondata del suicidio, lo Stato avrebbe il dovere omaggiare la memoria del giovane parà Scieri, magari anche con la dedica di una strada o di un luogo simbolico”.

Le persone vicine ad Emanuele non hanno mai voluto credere all’ipotesi di suicidio o di tragico incidente. Negli anni sono infatti emersi molti elementi a supporto “del clima di nonnismo e di un sistema di disciplina fuori controllo” presente in quella caserma. Scieri, secondo questa ipotesi, sarebbe stato indotto a salire su una scala alta dieci metri, usata per asciugare i paracadute, da dove è precipitato “in conseguenza degli atti di violenza e minaccia in atto”.

La ‘Gamerra’, a quel tempo, aveva un’area di 144 mila metri con 35 palazzine e decine di aree per l’addestramento, il parcheggio e il rimessaggio di vecchi materiali. Un anno prima, nel 1998, un alto ufficiale, già comandante del 9 battaglione incursori del Col Moschin, era stato rimosso dall’incarico perché sospettato di episodi di nonnismo.

Riccardo Annibali

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