Contro-corrente
Carbone e il dubbio sulle correnti dei magistrati
L’intervento è arrivato in occasione dell’ennesima discussione sul contenuto delle chat di Palamara che da un lustro caratterizza ormai i lavori del Csm
“Noi diciamo sempre che i gruppi non esistono. Poi scendiamo nei corridoi e vediamo che le vostre stanze sono divise per gruppi. È un caso che i consiglieri di Area siano tutti insieme? Come sono tutti insieme quelli di Unicost? No, non è affatto un caso. Però noi facciamo finta del contrario”. A dirlo durante il Plenum di questa settimana è stato il laico di Italia Viva Ernesto Carbone il quale, come il ragazzo della fiaba di Hans Christian Andersen, “I vestiti nuovi dell’imperatore”, ha voluto togliere il velo alla grande ipocrisia che le correnti della magistratura non condizionino più come un tempo le scelte del Csm.
Le pratiche di mercoledì
“C’è bisogno di sedici voti per far passare una pratica. Discutere dunque di richieste di voti mi fa sorridere”, ha proseguito Carbone, facendo riferimento alle pratiche in discussione all’ordine del giorno di mercoledì scorso e che avevamo messo nel mirino i magistrati che si erano attivati per ricerca del consenso elettorale. Una condotta che avrebbe determinato un appannamento dei loro “prerequisiti” di terzietà ed imparzialità. “Ma voi come siete stati eletti? Avete chiesto i voti per essere eletti? Siete andati nei distretti per chiederli? Chiedere sostegno è normale vita democratica”, aveva poi aggiunto rivolgendo lo sguardo ai venti colleghi togati, di cui ben diciannove diretta espressione dei gruppi dell’Associazione nazionale magistrati. Un risultato frutto della riforma Cartabia che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto diminuire la presenza dei candidati delle correnti a favore degli indipendenti: l’esatto contrario.
L’intervento di Carbone, come detto, è arrivato in occasione dell’ennesima discussione sul contenuto delle chat di Palamara che da un lustro caratterizza ormai i lavori del Csm. Nel caso specifico si trattava di magistrati che avevano organizzato iniziative in vista delle elezioni per i rinnovi dei Consigli giudiziari.
“Ho visto che quando si parla di prerequisiti ci sono perennemente due pesi e due misure. C’è troppa discrezionalità: si critica il magistrato che incontra un politico e non quello che partecipa ad una attività politica”, ha infine concluso Carbone.
Il nervo scoperto
La presa di posizione dell’ex parlamentare è stata duramente stigmatizzata dal primo magistrato d’Italia, la presidente della Cassazione Margherita Cassano, che ha invitato a non fare interventi che possano colpire l’opinione pubblica, determinando lacerazioni che poi screditano la magistratura. “Il Csm sta recuperando una situazione di oggettiva difficoltà amministrativa”, ha sottolineato Cassano, apprezzando l’impegno da parte di tutti. “Non si può banalizzare l’associazionismo giudiziario”, ha quindi proseguito la presidente della Cassazione, ricordando di essere in magistratura dal 1980 e che le correnti hanno sempre discusso di “grandi temi”. “Ci sono ideologie diverse”, con approcci differenti, ad esempio su quale debba essere il “comportamento del magistrato” o il rapporto con il diritto, ha proseguito Cassano, ma non si deve accreditare all’esterno l’idea che le correnti siano dei “potentati”, esse infatti non hanno nulla a che vedere con le ben note “degenerazioni” del sistema. Insomma, serve “rispetto” per i magistrati che lavorano in silenzio, ha allora concluso la presidente della Cassazione, definendo quindi l’intervento di Carbone “ingeneroso” e che, evidentemente, ha invece toccato un nervo scoperto, quello dell’influenza di associazioni private nell’attività di un organo di rilevanza costituzionale presieduto dal Capo dello Stato.
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