Esteri
Francia, dopo neanche un anno il governo Bayrou ha già i giorni contati. E per l’Italia c’è poco da festeggiare
Italia e Francia sono come le sorelle nel film di Ettore Scola, “La famiglia”. Bisticciano, bisticciano, ma alla fine si vogliono bene. Tanto più che una non può fare a meno dell’altra. Specie ora che la famiglia europea è in tale affanno. Ecco perché viene da chiedersi se davvero sia utile per noi rallegrarsi del “male italiano” che la politica transalpina sta attraversando. Crisi di governo ed elezioni anticipate sono diventate all’ordine del giorno, in una Parigi che – a differenza di Roma – non è abituata a vedere l’instabilità come il procedere normale della politica.
Dopo neanche un anno il governo Bayrou ha già i giorni contati
Dopo neanche un anno, l’esecutivo Bayrou è prossimo a cadere. Barnier e Attal, prima di lui, erano durati rispettivamente tre e otto mesi. L’8 settembre, l’Assemblea nazionale voterà la fiducia per una manovra che già France Insoumise e Rassemblement National hanno respinto. Il premier spera nella magnanimità dei socialisti. Ma il loro leader, Olivier Faure, ha detto di non avere la intenzione di salvare un esecutivo che non ha fatto un passo indietro sulla riforma delle pensioni. Il rischio è che, con Bayrou, vada a casa tutto il parlamento, dopo appena 14 mesi. È l’economia la causa del mare grosso in Francia. L’aumento del debito pubblico in vent’anni di 2mila miliardi di euro e la sfiducia dei mercati hanno portato Le Monde a scrivere che la Francia sta peggio dell’Italia. E noi quindi a festeggiare. Politico.eu ha riportato di timori a Parigi che intervenga il Fondo Monetario Internazionale o perfino la Troika.
L’abolizione di due giorni festivi
Un’onta per la Francia, la cui immagine rischia di scadere allo stato dei pigs, i Paesi membri Ue più spendaccioni. Da qui la cura da cavallo proposta dal governo, finalizzata a portare il deficit pubblico al 4,6%, nel 2026, dall’attuale 5,4%. Il piano da 40-44 miliardi di euro, senza aumenti indiscriminati di tasse, prevede il ridimensionamento dei bilanci ministeriali, la riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione, il congelamento delle prestazioni sociali – inclusi indennità di disoccupazione e pensioni – e delle aliquote fiscali al livello del 2025, senza adeguamenti all’inflazione. D’altra parte, sono in conto l’aumento della spesa per la difesa e del costo del servizio del debito un maggior contributo al bilancio europeo e, infine, l’abolizione di due giorni festivi. Lavorando l’8 maggio, fine della Seconda guerra mondiale e il lunedì di Pasqua, il governo punta ad aumentare la produttività senza toccare tasse o Iva. Tutte voci che, di fronte alla manovra lacrime e sangue, hanno fatto saltare sugli scranni i parlamentari di sinistra e destra radicali, sempre pronti ad alzare la voce quando si tratta di fare opposizione populista.
Una zavorra per tutti
A questo si aggiunge l’immagine sempre più sbiadita di Macron. Gli scambi di cortesie con l’Amministrazione Trump sono culminati con la recente lettera, poco protocollare, del neo ambasciatore Usa, Charles Kushner, sul crescente antisemitismo in Francia. Una brutta faccenda che si aggiunge alle fughe in avanti nel sostegno armato all’Ucraina – di per sé condivisibili, ma velleitarie all’atto pratico, vista l’assenza di coordinamento con gli altri partner europei – e allo scivolone sul riconoscimento della Palestina come Stato sovrano. Un filotto di autogol che hanno reso l’inquilino dell’Eliseo più un presidente senza futuro politico che un leader della caratura europea. Oggi Macron è bollato dal 77% dei francesi, insoddisfatti del suo operato, ma che devono aspettare il 2027 per scegliere il successore. Ridere dei mali altrui non è elegante. Ma viene soprattutto da chiedersi quanto convenga all’Italia e a tutta l’Ue la debolezza francese. Con Bruxelles esposta agli umori del presidente Usa e bersaglio delle accuse russe di essere la responsabile della mancata pace in Ucraina, un Paese fondatore in crisi – con anche la Germania che non si sente troppo bene – è una zavorra per tutti.
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