Il piano per l’evacuazione
Gaza City, messaggi d’allerta, cibo e farmaci: la strategia dell’Idf per ridurre le vittime civili, tra tende e fornitura d’acqua
Così lo Stato ebraico potrà bilanciare autodifesa e obblighi umanitari
Israele si prepara a una delle più grandi operazioni di evacuazione forzata della popolazione civile dall’inizio della guerra a Gaza. L’Idf ha elaborato un piano dettagliato per evacuare circa un milione di civili da Gaza City verso sud, oltre il corridoio di Netzarim, che segnerà il limite settentrionale dell’area di operazioni militari. Il piano, gestito dall’Unità per il ricollocamento della popolazione del Comando Sud – la cui esistenza finora non era stata rivelata pubblicamente – prevede l’uso combinato di volantini, sms, comunicazioni radio e, se necessario, tiri di artiglieria di avvertimento per sollecitare l’evacuazione della popolazione. Si tratta di un approccio coordinato e sistematico, che include anche il monitoraggio continuo dell’effettivo movimento della popolazione.
Il principio che guida l’Idf è chiaro: consentire un’operazione di terra su larga scala riducendo al minimo le vittime civili. In precedenza, simili strategie avevano già determinato l’evacuazione quasi totale di aree densamente popolate come Rafah e Khan Younis, agevolando così le operazioni militari. Tuttavia, questa pratica non è esente da critiche: fonti delle Nazioni Unite e diverse Ong hanno messo in discussione la conformità di questi trasferimenti alla legalità internazionale, richiamando la Quarta Convenzione di Ginevra. Israele risponde a queste accuse con due linee difensive principali: in primo luogo, il conflitto si svolge in ambiente urbano, densamente popolato, dove Hamas ha deliberatamente occultato infrastrutture militari tra i civili, rendendo lo sgombero una misura di tutela imprescindibile; in secondo luogo, viene assicurata contestualmente l’assistenza umanitaria, in modo da rispettare i princìpi del diritto internazionale umanitario.
L’organismo israeliano Cogat (Coordinatore delle attività governative nei territori) ha già autorizzato l’ingresso a Gaza di tende, generi alimentari e farmaci, e ha collaborato con gli Emirati Arabi Uniti per attivare una condotta d’acqua dolce da un impianto di desalinizzazione egiziano alla zona umanitaria di al-Mawasi. L’obiettivo è duplice: proteggere i civili e garantire la libertà operativa dell’esercito. La linea del governo Netanyahu è chiara: l’evacuazione è non solo moralmente giustificata, ma anche legalmente inoppugnabile, in quanto accompagnata da garanzie umanitarie adeguate.
Con la conquista di Gaza City, il successo o il fallimento di questa operazione influenzerà non solo le sorti del conflitto, ma anche la narrativa internazionale su Israele: un Paese che, pur sotto accuse di crimini di guerra, tenta di bilanciare l’autodifesa con gli obblighi morali in uno degli scenari più complessi e osservati del mondo. Una nazione in guerra a cui viene chiesto l’impossibile, come mai è stato chiesto a nessun altro nella storia recente.
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