Rischio di morire tutti i giorni ma da Napoli non voglio andarmene, se ne devono andare loro”. A parlare è Gennaro Panzuto, 46 anni, ex killer di camorra e per 14 anni collaboratore di giustizia. Dallo scorso mese di febbraio 2021 è tornato nella sua città d’origine e non ha intenzione di andarsene. Anzi. Vuole raccontare alle nuove generazioni, soprattutto a quei ragazzini che imitano la serie Gomorra e ne subiscono il fascino, che la malavita non porta a nulla. “Carcere o morte, non ci sono altre alternative” racconta l’ex pentito, da tutti conosciuto come ‘Genny terremoto‘ perché “in tutte le cose criminali che facevo creavo uno scossone”.

Gennaro oggi ha nove figli, avuti da tre donne diverse, che vivono lontano da Napoli. In passato elemento apicale e braccio armato del clan Piccirillo della Torretta, zona popolare del quartiere Chiaia, guidato dallo zio Rosario Piccirillo (attualmente in libertà vigilata lontano da Napoli dopo quasi 20 anni di carcere), l’ascesa criminale di Panzuto è avvenuta a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila. La sua cosca era manovrata dall’alto dall’Alleanza di Secondigliano e soprattutto dal clan Licciardi. Genny è stato arrestato nel 2007 in Inghilterra, dove si era trasferito per gestire alcune attività illecite dell’organizzazione (“aprivamo società nel settore dell’abbigliamento, poi le facevamo fallire trattenendo però tutti i capi e rivendendoli”), e dopo pochi mesi è passato a collaborare con la giustizia.

Era accusato di omicidio e di associazione camorristica, rischiava l’ergastolo. “E’ stata la mia compagna a convincermi. Avevamo figli e mi ha fatto capire che passare dalla parte dello Stato sarebbe stata la scelta migliore per il futuro. Così – racconta – dopo diverse settimane al 41 bis, decisi di pentirmi e raccontare tutto quello che sapevo. Non è stato facile perché in quei 180 giorni, dove le tue dichiarazioni sono al vaglio dei magistrati, ho tentato più volte il suicidio“.

“Lo Stato non crede nel cambiamento: pentiti solo per arresti e carriera”

Panzuto punta però il dito contro il sistema dei pentiti in Italia: “E’ solo un modo per i magistrati per fare arresti e fare carriera perché noi ex collaboratori di giustizia non riusciamo più a reinserirci nella società. Dopo 14 anni da pentito (passati in carcere e ai domiciliari), lo Stato mi ha liquidato con 30mila euro. Che ci faccio con questi soldi? Non posso nemmeno fittarmi una casa perché le referenze non sono dalla mia parte. Il problema è che lo Stato, purtroppo, non ci crede nel cambiamento di una persona e ci lascia allo sbaraglio”. Per Panzuto il modello da seguire è quello americano: “Ti cambiano identità e di danno un lavoro vero, poi appena commetti il primo errore torni subito in carcere”.

Il ritorno a Napoli: “I clan pensano che sono tornato a delinquere ma rischio la vita”

Il ritorno nella sua città non è passato inosservato. Panzuto non vive più alla Torretta ma è spesso in giro e non ha paura: “Nel mio quartiere pensano che sono tornato per dare una mano a mio zio, altri clan pensano invece che sono tornato per rimettermi in gioco nella malavita. Ma le forze dell’ordine sanno perché sono a Napoli: io non sarò mai più lo strumento di morte per nessuno. Oggi – prosegue – rischio tutti i giorni di morire perché i miei clan storici sono ancora attivi. Sto parlando dei Contini, dei Licciardi, dei Mallardo, così come i clan nemici. Noi criminali abbiamo fatto diventare questa città come Beirut e per me collaborare con lo Stato era anche per provare a dare il mio contributo. Tuttavia, nonostante le mie dichiarazioni, tanti processi non sono mai partiti”.

L’invito al cugino dissociato Antonio Piccirillo

Panzuto è il cugino di Antonio Piccirillo, 25 anni. Antonio è il figlio di Rosario e più volte in questi anni ha preso le distanze dalla criminalità organizzata scendendo in piazza con l’Antimafia. “Invito mio cugino, visto e considerata la sua posizione, a supportarmi in questa lotta sociale che sto facendo anche io, per invitare i giovani a fare lo stesso passo” auspica ‘Genny terremoto’.

L’appello ai giovani: “Oggi imitano Gomorra ma la realtà è diversa”

“I ragazzi oggi sembrano tutti figli di Gomorra. All’apparenza sembrano tutti malavitosi per come si vestono, come si pongono. E’ uno stile che è diventato uno status. Oggi tutti pretendono rispetto, vogliono prevalere sugli altri. In realtà questi giovani vengono utilizzati dai grandi clan per attirare l’attenzione delle forze dell’ordine e continuare in silenzio a portare avanti i propri affari”.

“Da piccolo volevo fare il contrabbandiere”

“Oggi vorrei essere un esempio per i ragazzi. Vorrei raccontare la mia esperienza e far capire loro che ci sono altre strade. Da piccolo sognavo di fare il contrabbandiera perché pensavo fosse davvero un mestiere lecito. Purtroppo sono cresciuto così, in un ambiente dove c’era poco da scegliere. I ragazzi oggi invece devono avere l’opportunità di scegliere e capire bene cosa è giusto e cosa è sbagliato. La fascia d’età 15-25 anni è quella più delicata: se non vieni seguito bene, allora rischi davvero di prendere una brutta strada e pagarne poi le conseguenze. Quando sei più grande, invece, hai una consapevolezza diversa”.

Ciro Cuozzo e Rossella Grasso

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