Nel “Si&No” del Riformista spazio al dibattito sulla proposta di Elsa Fornero, un’imposta patrimoniale da applicarsi quantomeno agli immobili. Favorevole Erasmo Palazzotto, direzione Nazionale Pd, secondo cui “chi continua ad arricchirsi deve contribuire in maniera maggiore ai bisogni di tutti“. Contrario invece Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia che replica: “I redditi sono già tassati, l’unica soluzione è la crescita senza colpire il risparmio”

Qui il commento di Erasmo Palazzotto:

Elsa Fornero sostiene sia arrivato il momento di inserire nel nostro sistema fiscale una tassazione patrimoniale. Mi verrebbe da dire meglio tardi che mai, ma la verità è che la sua non è una provocazione, né tantomeno una conversione tardiva al marxismo. È frutto in realtà di un’analisi che sta riguardando la maggioranza degli economisti occidentali e che si basa sui dati della distribuzione della ricchezza e della sua produzione in particolare nei paesi a capitalismo avanzato. Non è un caso che oggi questo tema è entrato a pieno titolo nel dibattito politico americano ed europeo, perché è sempre più evidente che questa questione riguarda la sostenibilità economica e soprattutto sociale del capitalismo.

I numeri da questo punto di vista ci aiutano: in Italia lo 0,1% degli italiani, ovvero 50.000 persone, possiede 3 volte la ricchezza del 50% della popolazione più povera, 25 milioni di persone. Il reddito da lavoro produce meno della metà della ricchezza complessiva del Paese (47% del PIL), ma contribuisce al gettito fiscale il triplo del reddito da capitale (18%). Al contrario la maggior parte della ricchezza del Paese (53% del PIL) è prodotta da rendita da capitale (interessi, profitti, royalties, rendite immobiliari e finanziarie) che contribuisce al gettito fiscale per il solo 6%. Stando così le cose è evidente che il ceto medio, per intenderci in maniera più o meno estensiva tutti quelli che guadagnano meno di 75.000€ l’anno, paga più tasse della parte più ricca della nostra società. Se uniamo quindi gli anni di recessione economica che abbiamo affrontato con il grande carico fiscale ed i tagli continui ai sistemi di welfare che hanno portato sempre di più le famiglie ad indebitarsi o ad erodere i propri risparmi per accedere a servizi essenziali come scuola e sanità, comprendiamo l’aumento della fascia di povertà e la conseguente riduzione del ceto medio.

Ora la vera domanda è: quanto potrà andare avanti un sistema in cui a fronte di una crescita della ricchezza complessiva nelle mani di pochi aumenta ogni anno il numero di persone che finisce sotto la soglia di povertà? Se la risposta come penso io è che non può andare avanti a lungo bisogna capire quali misure adottare per invertire questa tendenza e dove trovare le risorse necessarie a garantire la coesione sociale e la crescita economica per tenere in equilibrio la bilancia sociale del Paese. Se la tassazione sul lavoro (dipendente e non solo) è già tra le più alte in Europa e se il debito è già oltre il livello di guardia non resta che una rimodulazione del prelievo fiscale sulla proprietà con finalità redistributive.

Chiamatela come volete se la parola patrimoniale vi fa paura, ma si tratta solo di chiedere alla parte che continua ad arricchirsi di più del Paese di contribuire in maniera maggiore ai bisogni di tutti senza che questo impoverisca nessuno. Si può affrontare questa discussione senza furia ideologica e soprattutto fuori dalla propaganda? Si può dire in tutta onestà che far pagare per esempio a chi ha un patrimonio sopra il milione di euro una tassa dell’1% su quel patrimonio (10.000€) non renderà povero nessuno e produrrà tra 10 e 15 miliardi di gettito fiscale da investire in welfare, infrastrutture e riduzione delle tasse sul lavoro? Io credo di sì e che sia arrivato il momento di avere il coraggio di mettere in discussione un modello fiscale antiquato che non risponde più alle esigenze del presente utilizzando la leva fiscale per creare al contempo maggiore giustizia sociale e più crescita economica.

Erasmo Palazzotto - Direzione Nazionale Pd

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