Mosca ha fatto sapere di aver sferrato un attacco con sottomarini dal Mar nero su obiettivi ucraini. Kiev ha dato il via a un’operazione per tentare di evacuare civili dalle acciaierie di Mariupol. Spiccava ieri per il tono, oltre che per il contenuto, un tweet del ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba: «L’Ucraina ha dato via le sue armi nucleari per il bene della pace mondiale. Abbiamo bussato alla porta della Nato, ma non si è mai aperta. Il vuoto di sicurezza ha portato all’aggressione russa. Il mondo ha un debito con la sicurezza ucraina e chiediamo agli stati di decidere quali garanzie di sicurezza sono pronti a fornire».
L’Indonesia, che presiede il G20, ha invitato Zelensky al prossimo vertice di novembre. Dopo il caloroso invito del segretario generale della Nato ad accogliere quanto prima Finlandia e Svezia nell’Alleanza se lo chiederanno, ieri i ministri degli Esteri dei due paesi scandinavi hanno detto di sperare «di poter prendere decisioni nella stessa direzione e nello stesso lasso di tempo». Su quel processo di adesione appena avviato sono già piovute minacce di veto del presidente croato Zoran Milanovic che ha definito l’allargamento ai due Paesi scandinavi «un’avventura molto pericolosa» e si è lamentato di una disparità di trattamento: «La Finlandia può entrare nella Nato dalla sera alla mattina, quando invece la Bulgaria e la Romania non possono entrare in Schengen, l’Albania e la Macedonia del Nord non possono iniziare i negoziati di adesione all’Ue e il Kosovo addirittura non viene riconosciuto» .
Milanovic ha condizionato il via libera di Zagabria all’ingresso dei due Paesi al cambiamento della legge elettorale in Bosnia-Erzegovina per tutelare la minoranza croata. Ma il governo guidato da Andrej Plenkovic ha subito preso le distanze dal presidente e confermato il sostegno al processo di allargamento. Stoltenberg ha discusso della questione con il presidente finlandese, Sauli Niisto, e gli ha assicurato che la Nato offrirà una forma di protezione durante il periodo che sarà necessario per completare la ratifica del trattato d’adesione.
