Trattative e protagonismi
Guerra in Ucraina, contatti Parigi-Mosca, ma Trump si irrita. Tra lo zar e il tycoon c’è di mezzo Macron
Nessuna chiamata tra Putin e il presidente francese, ma ci sono buone intenzioni per un colloquio sulla pace. La Casa Bianca è infastidita: clima di tensione con l’Eliseo sulla Groenlandia. E intanto la Russia se la ride
Per un breve momento, nella mattinata di ieri, è sembrato che la telefonata tra Macron e Putin fosse una questione di ore. Poi l’allarme è rientrato. Ai più scettici, questo può apparire come la conferma delle tesi per cui la sadica Russia abbia lasciato alla controparte francese il tempo per illudersi di poter tornare a giocare in attacco nei negoziati di pace sull’Ucraina. È tipico di Mosca far avanzare il nemico, per poi colpirlo quando è troppo lontano dal suo quartier generale. Tattica militare facilmente applicabile alla diplomazia.
Per quanto sia presto per dire se la Francia abbia preso un granchio, è già evidente che la sua proposta – alcuni parlerebbero di intromissione – ha creato turbamenti. Sono stati però gli Usa, alleati più storici della Francia, non il Cremlino, a rilasciare esternazioni che tutto lasciano supporre fuorché il sostegno a questa nuova iniziativa individuale dell’Eliseo. Dopo mesi di silenzio sul dossier Groenlandia, Trump è tornato sull’ambizione di annetterla. Le ragioni sono note. La sicurezza nazionale, gli interessi economici, la corsa a conquistare le rotte polari prima che cadano nelle mani dei cinesi. Fin qui nulla di nuovo.
D’altra parte, è interessante la coincidenza su come, adesso, la Casa Bianca sia tornata su questo discorso che proprio Macron ha fatto suo durante l’intero 2025. Consapevole del debole tono di voce che Copenaghen può avere in faccia a Washington, anche ieri il presidente francese ha ribadito che: «La Groenlandia appartiene al suo popolo e la Danimarca ne è il garante».
Un ultimo gesto di solidarietà, espresso da Macron sui social, dopo il viaggio sull’isola a giugno e la visita ufficiale di Re Federico X a Parigi nella primavera scorsa. Per inciso, quello di Parigi non va inteso come un amore platonico verso iceberg e orsi bianchi. I colossi transalpini Eramet e Orano da anni guardano con interesse le ricchezze di uranio e terre rare (neodimio, praseodimio, terbio e disprosio) bloccate tra i ghiacci dell’isola. Fino allo scorso anno, la concorrente diretta della Francia, nello sfruttamento di quelle riserve, era la Cina.
Ora è evidente che il rischio è duplice. A Pechino, si è aggiunta Washington, che tenta la mossa asso piglia tutto. Altrettanto rappresentativa di come una telefonata Macron-Putin potrebbe essere accolta nel mondo occidentale è stata la dichiarazione in serie, prima francese poi degli Usa, di realizzare una nuova portaerei nucleare. La Charles de Gaulle, gioiello dell’Armée de la Mer francese, è in fase di disarmo. La sua sostituta dovrebbe essere varata da qui a tre anni. Anche su questo, Trump ha risposto pan per focaccia. La prossima “berlina” del mare battente stelle e strisce sarà battezzata con il nome dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Conoscendo le derive di megalomania di quest’ultimo, è prevedibile che si tratterà di un gigante senza rivali.
Stando così le cose, sembra che la reazione russa di apertura alla proposta francese stia avendo gli effetti che proprio il Cremlino auspicava. Vale a dire generare irritazione da parte del capocordata americano nei negoziati. Fermo restando il fatto che Putin sarà favorevole a un qualsiasi stop alle ostilità soltanto nel momento in cui riterrà sufficienti le conquiste sul campo, ogni occasione gli torna utile per fermare o procrastinare le trattative. Ghiotta è, in questo caso, l’intromissione di un leader “minore” europeo, che non molla. Pur senza l’esplicito appoggio dei suoi alleati Nato e con uno scenario di politica ed economia interne peggiori dell’Italia della Seconda repubblica, il presidente francese si ostina a mostrarsi come un abile tessitore diplomatico alla stregua del suo rivale, Donald Trump. Anzi, se possibile in versione ancora più da “macho”. Si guardino i video diffusi dallo stesso Eliseo di Macron in visita alle truppe francesi di stanza nel Golfo persico, con cui condivide rancio e plank. Altro che il Trump imbolsito, Emmanuel Macron è sul pezzo. E se Putin dovesse lasciarsi sfuggire l’occasione di parlare con lui – l’alleato più fedele di Zelensky, il solo che potrebbe convincerlo a bere i calici più amari – non avrebbe altro che da perderci. Così dice Parigi. Gli altri liberissimi di interpretare altrimenti.
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