L'Europa pretenda dei risultati immediati
I leader europei nella morsa di Trump: schiaffi, carezze e insulti, perché la docilità non porta a niente
Le relazioni dei leader europei con il presidente americano sono altalenanti, in base all’umore del tycoon. Russia e Stati Uniti fanno progressi solo sul petrolio, mentre l’Ue riflette sulle operazioni di peacekeeping
Finalmente, dopo tanti sussurri e moltissime grida, uno statista europeo manda a Washington una frase piena di senso compiuto. Si tratta di Karl-Theodore zu Guttenberg, un vecchio ministro della Difesa tedesco, che ha detto: “Qualcuno chiarisca ai leader europei che è inutile inviare messaggi alla Casa Bianca in stile pomposo e del tutto inservibili perché capiscano che questa strategia del dialogo soffice non porta a nulla, mentre abbiamo immediato bisogno di risultati”.
Lo stato delle relazioni fra Europa e Stati Uniti è disastroso, ha spiegato l’ex ministro tedesco, e ogni leader europeo ormai accetta di prendersi la sua dose di schiaffi e saltuarie carezze alla Casa Bianca, per poi essere nuovamente insultato. Persino Giorgia Meloni ne ha pagato le spese per la sua abitudine di esibire espressioni di noia o irritazione, roteando gli occhi al cielo. Trump si è seccato: “Anche Meloni con cui ho sempre avuto un rapporto splendido, fa delle facce da cui ti senti preso in giro”. È stato un breve malinteso usato però per mostrare quanto Trump ci vada sempre più pesante con tutti gli europei.
Il presidente americano ha anche tuonato in pubblico e sulla sua chat privata: “Emmanuel Macron guida una Francia allo sbando, incapace di svolgere i suoi doveri e si rende ridicolo”. E poi Keir Starmer, l’attuale inquilino di Downing Street, che ispirandosi a Winston Churchill aveva intimato a Putin di “stare attento quando insulta il mio paese, sempre pronto a vincere, mai sconfitto”. Su questo punto dev’esserci stata una rottura psicologica fra lui e Trump. In un primo momento, l’uomo della Casa Bianca è stato fraterno in memoria di due guerre mondiali combattute e vinte insieme: “Sì, Keir, i nostri Paesi sempre uniti per difendere la libertà, sempre spalla a spalla”. Poche ore dopo però, quando i servizi segreti hanno mostrato a Trump quale fossero i piani che da Londra, insieme a Francia e Lituania, il Primo ministro stava tessendo, Donald Trump ha fatto la sua intemerata, prima a Macron e poi a Starmer e all’Inghilterra. “Che cosa abbiano in mente il primo ministro inglese, il presidente francese e quello lituano non è un mistero: preparare un piccolo esercito di qualità avanzatissima e farlo avvicinare all’Ucraina per poi usarlo lì come forza di peacekeeping”. Il ministro russo Lavrov, appena tornato dall’Alaska, emise un comunicato derisorio: “Davvero i Paesi europei occidentali non si sono ancora resi conto che non metteranno mai piede in Ucraina?”.
Trovandosi isolati degli Usa, inglesi e francesi hanno maturato l’idea di sequestrare tutte le “shadow fleet”: vecchie cisterne e petroliere scalcagnate battenti bandiere africane e caraibiche che la Russia usa per trasportare i suoi prodotti dal mar Baltico, passando sotto al naso degli Stati Nato fino alla circumnavigazione dell’Africa ed evitando lo stretto di Suez e gli Houthi, che sono ancora armatissimi, per arrivare all’India. Qui i russi scaricano e vendono a prezzi maggiorati il petrolio che Mosca non potrebbe vendere. Lituania e Regno Unito avevano bloccato in un primo momento i convogli che viaggiavano senza assicurazioni valide e i russi, allora, hanno creato una compagnia di assicurazione fantasma.
Kramer e l’Intelligence inglese hanno preparato una operazione di tecnologia avanzatissima per poter affondare senza rischi in acque internazionali le flottiglie russe, cosa che ha mandato di nuovo in bestia Trump: “Ma chi ti credi di essere?”, gli ha gridato il tycoon. “Governi un Paese divorato dall’immigrazione clandestina, i tuoi concittadini muoiono di fame e tu fai credere di essere il leader dell’Occidente? Soltanto io sono il leader dell’Occidente e ti do il consiglio fraterno di sparire”.
Tornando al petrolio, da due giorni si parla di una ripresa degli accordi fra l’americana Exxon e la russa Gazprom per riaprire i rubinetti tra Russia e America. I blog riferiscono di uno stato euforico a Mosca per le prime operazioni di sblocco del petrolio russo e questa voce -non ancora una notizia ma che cresce su un terreno di comune euforia – sta rafforzando il partito che vuole la sconfitta militare ucraina sia negli Stati Uniti che nella Federazione russa – e costituisce un colpo per i volenterosi europei.
Il Washington Post ha scritto di avere informazioni secondo cui il ministero della Difesa si chiamerà ministero della Guerra (come era usuale fino alla fine della Seconda guerra mondiale). Il Presidente americano sta affrontando una fase di crescente conflitto in Patria dopo aver fatto intervenire le forze armate per scopi di polizia a Washington e si prepara a fare la stessa cosa a Chicago. Trump, quindi, ha l’aria di voler sbrigare in fretta i conflitti interni per poi tonare agli affari veri.
Inglesi e francesi non vedono l’ora che uno straccio di accordo si faccia, per potersi subito riversare in Ucraina come corpo di “Peacekeeping”. Ma si tratterebbe di un’operazione alla quale i russi risponderebbero con la guerra. Mosca vuole prolungare l’inconcludente show della comune intenzione di arrivare alla pace in Ucraina, ma aumentando la spesa delle armi e soldati. Intanto, al summit in Cina, il premier indiano Narendra Modi ha abbracciato platealmente il presidente russo ricordandogli per due giorni, come un mantra, che “Quella guerra deve finire”. Putin, al solito, si è irrigidito e ha ripetuto che “occorrono le condizioni”.
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