Donald Trump “non è contento”. Il presidente degli Stati Uniti ha provato a velocizzare la via del negoziato tra Russia e Ucraina, ma la situazione appare sempre più difficile. Mosca, anche con gli ultimi attacchi, ha confermato di non volere in alcun modo rallentare le sue azioni contro Kyiv. Nella notte tra sabato e domenica, la capitale ucraina è stata colpita da un bombardamento che ha ucciso diverse persone e centrato anche degli edifici governativi. Secondo le stime dell’Aeronautica ucraina, si sarebbe trattato dell’attacco più imponente dall’inizio della guerra, con 810 droni e 13 missili che sono piovuti in diverse zone del Paese. E ieri mattina l’area della capitale ha subito diversi blackout a seguito di un raid che ha colpito la centrale elettrica di Trypilska, sulle rive del Dnepr.

Le mosse di Vladimir Putin parlano chiaro. E questo nonostante il presidente russo abbia ricevuto più di un’apertura di credito da parte dell’omologo americano. L’incontro in Alaska è stato un vero e proprio favore diplomatico nei riguardi del capo del Cremlino, che dopo quel viaggio negli Stati Uniti è stato anche accolto dai leader del “resto del mondo” in Cina per il summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e la parata militare a Pechino. Ma questo, per il tycoon, inizia a essere un problema. A Trump non piace il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, non piace la politica degli aiuti militari a Kyiv e ha messo in chiaro che le future garanzie di sicurezza non vedranno un coinvolgimento sul campo delle forze americane né spese dei contribuenti Usa. Però, The Donald vuole arrivare anche alla pace. E questo, per ora, è un tema che a Putin non interessa. Dalle parti della Casa Bianca si è tornato a parlare di nuove sanzioni. Ma la risposta del portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov, è stata chiara. “Questo numero senza precedenti di sanzioni introdotte contro il nostro Paese negli ultimi quattro anni non ha avuto alcun effetto”, ha affermato il portavoce. “Nessuna sanzione potrà costringere la Federazione Russa a cambiare la sua posizione coerente, che il nostro presidente ha ripetutamente affermato”, ha proseguito Peskov.

Trump è convinto ancora di potere dire la sua, ma vuole che l’Europa faccia la sua parte. Ieri ha detto che a Washington sarebbero arrivati diversi leader europei “individualmente” per discutere della fine della guerra in Ucraina. Oltreoceano sarà anche il turno di David O’Sullivan, inviato dell’Unione europea per le sanzioni. Il segretario al Tesoro Scott Bessent, dopo il pesante attacco su Kyiv, ha detto che Washington è pronta ad “aumentare la pressione” sulla Russia con i partner europei. “Stiamo parlando di cosa possano fare insieme Ue e Stati Uniti. E siamo pronti ad aumentare la pressione sulla Russia”, ha detto ai microfoni della Nbc, “ma abbiamo bisogno che i nostri partner europei ci seguano”. E in un’intervista al Financial Times, Chris Wright, segretario all’Energia degli Stati Uniti, ha fatto capire quale sia il pensiero di Washington. “Se gli europei tracciassero una linea e dicessero: “non compreremo più gas russo, non compreremo petrolio russo”, questo avrebbe assolutamente un’influenza positiva sugli Stati Uniti affinché si impegnino più aggressivamente”. Insomma, Trump vuole qualcosa in cambio del suo impegno contro la Russia. E se non può riceverlo dall’Ucraina, è l’Ue a dovere fare un passo in avanti.

La frustrazione del tycoon però inizia a farsi sempre più evidente. Qualcuno teme che il capo della Casa Bianca, arrivato a un nuovo stallo, farà marcia indietro. Qualcuno sospetta che questo comportamento sarà replicato anche sull’altro negoziato, quello per Gaza, dopo che ieri Trump ha inviato il suo ultimo avvertimento ad Hamas, e con Israele che ha ufficialmente accettato la proposta del presidente Usa. In generale, il timore è che i leader coinvolti sappiano di dovere solo aspettare. Attendere che le lentezze della diplomazia facciano cambiare idea a The Donald o che la situazione sul campo sia ormai considerata fuori controllo anche dal leader Usa.