È stato pubblicato pochi giorni fa un libro dal titolo accattivante “Caro Parlamento”. Riporta sostanzialmente le sette allocuzioni rivolte al Parlamento dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, lungo i quasi otto anni del primo Collegio. L’occasione di questi messaggi, letti in Parlamento alla presenza delle più alte autorità del Paese – in due occasioni alla presenza del Presidente della Repubblica – è stata la presentazione della Relazione annuale sui problemi della privazione della libertà, nelle sue diverse forme e strutture, e sulle proposte legislative ritenute necessarie e talvolta urgenti per evitare condizioni e trattamenti contrari al senso di umanità e alla dignità delle persone ristrette.

Ho fatto riferimento a diverse forme e strutture perché il compito del Garante nazionale non è ristretto al carcere o comunque all’esecuzione penale. Riguarda, infatti, tutte le diverse situazioni in cui una persona possa essere privata della libertà personale sulla base di uno specifico provvedimento o anche per una serie di concomitanti circostanze che finiscono di fatto nel toglierle la possibilità di libero movimento e di autonoma decisione sul proprio vivere e sulla propria giornata. Questa estensione si basa sulla constatazione che la privazione della libertà comporta sempre, qualunque ne sia la causa, una maggiore vulnerabilità in termini di diritti soggettivi della persona così ristretta. Una vulnerabilità che rende “simili” situazioni diverse nell’origine e nella motivazione. Accanto a determinate situazioni di privazione della libertà personale che si basano su un provvedimento ricorribile e che sono previste dall’articolo 5 della Convenzione europea per i diritti umani, si verificano poi altre situazioni di privazione “di fatto” della libertà su cui occorre esercitare il mandato di vigilanza e controllo.

Su tutto questo complesso di situazioni, il Garante nazionale deve esercitare una funzione di analisi, di visita e di vigilanza, avendo accesso, sulla base della legge istitutiva, a qualsiasi luogo, a qualsiasi documento e a colloqui riservati con ogni persona che sia privata della libertà, incluse le persone detenute in regime speciale ex articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario: unica autorità dello Stato ad avere potere di accesso riservato e in qualsiasi momento a tali persone.

Da questo profilo ampio conseguono tre aspetti che vanno considerati per capire la funzione del Garante nazionale. Il primo è che la sua fisionomia è diversa e più ampia di quella dei tradizionali Garanti delle persone detenute, già esistenti prima dell’introduzione del Garante nazionale – figure quest’ultime che auspicabilmente dovrebbero muoversi nella direzione di una visione più ampia del concetto stesso di privazione della libertà. Il secondo aspetto è che la funzione del Garante nazionale è di prevenzione: non si tratta di rispondere, reattivamente, alle segnalazioni ricevute, cercando di individuare soluzioni al problema posto da una persona ristretta o, più in generale, da un istituto detentivo; si tratta invece di individuare, con sguardo preparato, intrusivo e attento, quei nodi di comportamento interno, di regole, di clima che possono evolvere negativamente e formulare raccomandazioni stringenti affinché si rimuovano tali cause prima che la difficoltà possa esplodere. Il singolo caso non è soltanto importante in sé, perché è importante come indicatore di una situazione di disfunzione su cui occorre intervenire. In questa prospettiva, il Garante nazionale è parte del complessivo sistema di tutela che in ambito internazionale è stato da tempo adottato: da un lato la funzione giurisdizionale affidata, appunto, alla magistratura che è di tipo reattivo, quando una violazione sembra essersi già verificata, dall’altro un organismo non giurisdizionale che visita, vigila e che esercita una funzione preventiva. Per questo, il Garante nazionale è istituito, nell’ambito delle Nazioni Unite e della relativa Convenzione contro la tortura, come “Meccanismo nazionale di prevenzione” (Npm) della tortura e degli altri trattamenti o pene inumani o degradanti.

Il terzo aspetto è che la comunicazione, pur con la dovuta attenzione alla tutela delle singole persone e delle situazioni, costituisce un elemento fondamentale, per il ruolo di indirizzo che il Garante nazionale deve esercitare. Da qui, la Relazione al Parlamento, prevista dalla legge istitutiva del Garante nazionale e che rappresenta il momento di trasparenza e chiarezza per la comunità esterna e di indirizzo per chi ha il potere legislativo e di amministrazione.

Purtroppo, l’ultima Relazione al Parlamento è stata tenuta il 15 giugno 2023 come atto finale del precedente Collegio. Da allora, per ora, il silenzio del nuovo Collegio: leggendo sul sito istituzionale si ha notizia di molte visite che, dati numero e tempi, sembrerebbero essere un po’ frettolose, quasi di cortesia, con anche la photo opportunity e l’indicazione dei chilometri percorsi (sic!), ma molto scarne le conseguenti indicazioni e raccomandazioni.

Mauro Palma

Autore

Presidente “European Penological Center”, Università Roma tre