È stato il primo processo sul diritto d’autore ma anche il precedente storico della gogna mediatico-giudiziaria, quella che ai giorni nostri scatta ogni volta che la Procura fa un’iniziativa e certa stampa la racconta spesso con titoloni, con enfasi giustizialista, con un approccio appiattito sulla ricostruzione accusatoria che, soprattutto quando nella fase delle indagini, è una ricostruzione assolutamente periziale e per niente verificata, dunque non può essere presa per verità giuridica. È stato un processo che ha fatto storia, e non solo sul tema del rapporto tra stampa e giustizia.

Parliamo del processo che vide il vate Gabriele D’Annunzio citare in giudizio Eduardo Scarpetta, il famoso attore e commediografo napoletano che aveva osato portare in scena la commedia Il figlio di Iorio, parodia della tragedia pastorale di D’Annunzio La figlia di Iorio. Era il 1908 e il processo si tenne nell’antica sede del Tribunale di Napoli, a Castel Capuano. Ebbene, dal 17 maggio al 15 settembre, le carte autografe relative a quella vicenda saranno in mostra per la prima volta. Saranno esposte nella Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III a Napoli nell’ambito dell’esposizione Napoli in scena. Sarà quindi possibile vedere le lettere autografe di Gabriele D’Annunzio scritte per impedire ad Eduardo Scarpetta di mettere scena la parodia della sua La figlia di Iorio. Risalgono al periodo in cui la dialettica sulla libertà della parodia e la contraffazione fu animata anche dall’intervento della Società Italiana degli Autori, istituita nel 1882, che si schierò da subito al fianco di D’Annunzio a tutela del valore e dell’integrità della sua opera, già nel tentativo di proibire le recite della compagine napoletana appellandosi al prefetto e al procuratore del re a firma del direttore Marco Praga, già a partire dall’ottobre del 1904.

In mostra ci saranno le lettere autografe in cui D’Annunzio sollecitava il divieto con una lettera del 27 ottobre scritta al drammaturgo e pubblicista Gaspare Di Martino (incaricato di seguire la pratica per conto della Siae), che rivelava un senso di superiorità e di scherno per “Sciosciammocca” (Felice, il personaggio ideato da Scarpetta, ndr), «avversario troppo vile». Il racconto della mostra curata da Francesco Cotticelli e Gennaro Alifuoco prende spunto dalle collezioni custodite alla Lucchesi Palli. «La mostra, realizzata con il contributo della Regione Campania, – spiega la direttrice della Biblioteca Nazionale, Maria Iannotti – è la prima complessiva ricognizione del patrimonio di interesse teatrale della Biblioteca Nazionale, un giacimento immenso di cui per la prima volta si espongono insieme le opere più preziose e rare, oltre a fonti indispensabili a chi tenti l’arduo compito di descrivere la storia del teatro partenopeo.

L’Arte dello Spettacolo a Napoli affonda le sue radici in testi antichi, come ad esempio il manoscritto seicentesco di Francesco Antonio Nigrone, presente in mostra, dove si può individuare una delle prime rappresentazioni iconografiche della maschera di Pulcinella. Ancora oggi lo Spettacolo a Napoli mantiene una sua individualità anche nelle più recenti declinazioni, e fra tavole del palcoscenico, spazi musicali, set cinematografici e televisivi, continua a far parlare di sé e a imporsi nel panorama europeo e di tutto il mondo».

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).