Salvi pochi casi, oltretutto non ben indagati quanto a cause e modalità, in un anno e mezzo di guerra a Gaza non ci sono stati incidenti nella distribuzione degli aiuti umanitari. Ultimamente, al contrario, nel giro di poche settimane gli incidenti si sono moltiplicati. Qualcuno si domanda perché?

La realtà è che tutto prima filava liscio perché – senza impedimenti, e anzi con l’inerzia o la complicità delle agenzie delle Nazioni Unite – gli aiuti entravano a Gaza e Hamas li sequestrava, se ne appropriava e trasformava quelle forniture nella linea del proprio approvvigionamento. Ai palestinesi gli aiuti arrivavano, se arrivavano, previo il pizzo che vi imponeva l’organizzazione terroristica. Era un sistema predatorio, squadernato in faccia all’Onu che, mentre assisteva a quella sistematica confisca, compilava rapporti e pareri sull’uso della fame come arma di guerra da parte di Israele.

Hamas, insomma, faceva di Gaza il latifondo del proprio mercato nero, con l’Onu in funzione di campiere. Ed effettivamente vi regnava una specie di ordine, interrotto semmai da qualche esecuzione dei poveracci che si azzardavano a ghermire un sacco di farina senza passare dalla lesina usuraia dei tagliagole.

Qualcuno poteva pensare che l’organizzazione terroristica, che da quel meccanismo indisturbato e assai proficuo traeva tanto vantaggio, assistesse con buona grazia al proprio prosciugamento? Era impensabile. E infatti i proxy di Hamas nelle cancellerie occidentali e tra i ranghi delle organizzazioni umanitarie hanno letteralmente scatenato l’inferno quando hanno visto imminente il cambio di scena. Il gioiello comunicazionale di prima (gridare alla carestia mentre Hamas ingrassava) andava a quel punto incastonato con un orientamento diverso. Gli aiuti che prima fluivano non erano sufficienti a evitare la condanna di chi li assicurava – Israele, che era in ogni caso responsabile dello sterminio per fame – ma erano necessari a quelli che li trasformavano nel proprio business. Rotto il sistema, adesso occorre dire che si stava meglio quando si stava peggio, perché adesso Israele non si limita più ad affamare la gente ma la sfoltisce a capriccio, o addirittura per gusto, dopo averla inquadrata nei centri di distribuzione del cibo.

La propaganda sulle carestie a grappolo che Israele avrebbe programmato e imposto a Gaza per 15 mesi ha forse alleviato le sofferenze della popolazione civile? No, davvero. Aiuta qualcuno, ora, il racconto secondo cui Israele ha fatto fuori l’Onu per poter bombardare in libertà la gente in fila nell’attesa del pane? Sì, qualcuno aiuta. Aiuta quelli che spadroneggiavano sugli aiuti; gli stessi che sono disposti a tutto, ora, per poter continuare a farlo.