Il dibattito a L'Ora del Riformista
Israele, gli aiuti a Gaza e lo scoglio comunicazione: “Hamas lo sa fare molto meglio di Tel Aviv”

“Vorrei condividere la mia forte preoccupazione per i rigurgiti di antisemitismo a cui continuiamo ad assistere in questi giorni”. Durante l’informativa davanti a Camera e Senato sulla situazione a Gaza, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, non ha ribadito soltanto l’importanza di un cessate il fuoco e di un’iniziativa di pace, ma si è anche soffermato sulle vicende di antisemitismo, ormai all’ordine del giorno. “Non si possono far ricadere sugli ebrei le azioni del governo israeliano. Mai più”, ha rimarcato. E ad alimentare questi episodi sono anche le fake news che ruotano intorno allo Stato ebraico e che Il Riformista, da oltre una settimana, si prefigge di smascherare.
Questo lo scopo, condiviso dall’incontro di ieri a L’Ora del Riformista, dal titolo “Il racket del terrore”. Alla discussione, moderata da Aldo Torchiaro, hanno partecipato il direttore, Claudio Velardi; Giuliano Cazzola, ex deputato e firma del Riformista; Tiziana Della Rocca, scrittrice; Anna Mahjar Barducci, giornalista e direttrice di progetto del Memri; Noà Rakel Perugia, volontaria dell’IDF e studentessa in Israele e Iuri Maria Prado, giornalista del Riformista. Ad avviare il dibattito è stato Velardi, che si è soffermato sulla scelta controcorrente del giornale: “Per come vengono messe le cose in tutto il panorama mediatico globale, Israele incarna soltanto la parte del cattivo. Ci siamo presi volentieri l’incarico di spiegare le ragioni che ha lo Stato ebraico in questo conflitto in atto”. E poi si è concentrato su un nodo centrale: “In un’opinione pubblica così polarizzata, costruire un dialogo e cercare di convincere delle buone ragioni dello Stato ebraico diventa molto difficile. Hamas sa comunicare molto bene e, certamente, lo sa fare molto meglio di Israele”.
Quella stessa comunicazione che non ha dimostrato chiarezza in merito a un tema centrale come l’arrivo degli aiuti umanitari nella Striscia, come ha sottolineato l’analista Mahjar-Barducci, servendosi dei dati raccolti dal Memri: “Dall’inizio della guerra fino a ieri, Israele ha fatto entrare a Gaza 1,3 milioni di tonnellate di cibo per un equivalente di oltre 63mila camion. L’IDF ha pubblicato questi dati sui social, ma c’è un sistema informativo che non li lascia trapelare”. Cazzola ha poi ripreso le statistiche, argomentandole: “Sui rifornimenti, i notiziari stentano a dire che Hamas ne vuole il monopolio e che si mette in mezzo. Hamas ci conosce meglio di noi e ha capito che questa operazione riusciva a risvegliare l’antisemitismo che c’è in Occidente”. Sugli ostacoli agli aiuti è tornata in seguito Della Rocca: “L’esercito israeliano e il governo si erano accorti che Hamas sequestrava gli aiuti e riusciva a ripristinare battaglioni per proseguire la guerra. Israele si trova a dover combattere contro una milizia disposta a infrangere qualunque regola morale”.
Entrata a far parte volontariamente dell’IDF e attiva nell’ufficio di diplomazia e di unità del portavoce dell’esercito, Rakel Perugia ha parlato della sua esperienza nelle forze armate israeliane: “Mi sono imbattuta molte volte nella disinformazione, che ormai è ovunque. I soldati portano nei loro taschini delle regole di comportamento. L’esercito – ha proseguito – utilizza anche tecnologie all’avanguardia, come l’IA, per evitare morti civili e per verificare che i soldati si comportino in modo conforme alle regole d’ingaggio”. Prado è tornato, infine, sulla questione sollevata all’inizio: “In Israele è avvertito il problema legato alla difficoltà di comunicare in modo efficace. L’informazione fuori da Israele riguardo Israele, è talmente sconnessa che molto spesso per gli israeliani si tratta di una cosa stupefacente e incomprensibile. Soltanto dopo mesi hanno capito che quella comunicazione bisognava contrastarla. Ma non è semplice – ha sostenuto – perché non si tratta di idee, bensì di fatti contraffatti”.
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