Sabato scorso a Milano c’è stata una manifestazione – indetta da un noto personaggio presente in molti talk show, conosciuto per le sue posizioni pro Gaza – a cui hanno aderito anche molte amministrazioni comunali, il cui esito sarà devastante per gli ebrei e per Israele: lo slogan è “50mila sudari per Gaza”. Il numero viene dal fantomatico ministero della Salute di Gaza e non fa distinzione tra civili e combattenti (a conferma del fatto che Hamas combatte “tra” i civili e non “per” i civili). L’altra cosa grave è l’uso della parola “sudario”, che richiama la morte di Gesù e, quindi, rievoca immediatamente la millenaria accusa rivolta agli ebrei, come anche il più ingenuo e incolto vede.

A livello politico (visto che l’argomento rende in consensi elettorali) c’è chi sta usando questi argomenti come cavallo di battaglia. Il mondo è in forte crisi identitaria, e tutte le volte che una cosa simile accade, le società hanno bisogno di lavarsi la coscienza inventandosi un nemico sul quale scaricare tutte le frustrazioni accumulate e tutti gli insuccessi: chi meglio degli ebrei, da sempre vittime comode e facili da reperire? Sono millenni che questo accade, e quindi non c’è da meravigliarsi se pure adesso vengono montate accuse infamanti che la gran parte della gente sposa ad occhi chiusi e a bocca aperta.

Nei secoli abbiamo visto l’aberrante storia dell’ostia insanguinata, quando le gerarchie ecclesiastiche (che conoscono l’ebraico) sapevano perfettamente che l’uso del sangue nell’alimentazione per gli ebrei è proibito. Abbiamo subìto l’accusa di usare il sangue dei bambini per la consacrazione del vino all’entrata delle feste e del Sabato, e questo si lega con l’insistenza sui bambini di Gaza come conferma che siamo tutti degli “Erode”.

Si sente dire e si legge dovunque che a Gaza è in atto la strage dei bambini, quando, invece, lo stesso Hamas ha proclamato con tronfia gioia che tra nuovi nati e nascituri in questi ultimi due anni è stato raggiunto il numero di 50mila unità. Sarà un caso che il numero coincide con quello dei sudari? La domanda è sensata, visti i contorni e il vero obiettivo di Hamas. Nessuno pare notare che non si è mai visto un genocidio con le nascite che triplicano il numero dei bambini morti e coincide con quello delle morti totali. Questo numero (14mila) è usato per tutto; l’ultima fandonia (che però tutti i maggiori quotidiani hanno ripreso) è che se non entrano gli aiuti, 14mila bambini (non uno di più, né uno di meno) moriranno di fame in 48 ore. La cosa si commenta da sé, eppure è diventata un “brand”: i numeri sono sempre gli stessi, 50mila e 14mila. Che fantasia!

Si dice che se si deve sparare una “balla”, è bene spararla grossa, perché avrà più probabilità di essere creduta come nella fattispecie in cui i numeri si commentano da soli. Quello che si sta vedendo in questa guerra è qualcosa di sconvolgente, soprattutto perché ad un solo Paese, piccolo come un francobollo su una busta formato A3, si chiedono cose inverosimili. Contrariamente alla Convenzione IV di Ginevra, Israele dovrebbe smettere di distruggere scuole, ospedali e luoghi di culto dove si nascondono i terroristi armati, dovrebbe provvedere al mantenimento dei civili, dovrebbe fornire corrente elettrica e acqua. A quale Stato viene richiesto tutto ciò? Alla Russia di Putin? Al Pakistan? All’India?

Eppure, le “maggioranze silenziose” ci vogliono credere: il nemico da combattere ce l’hanno in casa e non devono fare nessuna fatica. Come combattere questa guerra parallela è un rebus, perché la propaganda del Qatar, unita a quella dell’Iran, con il supporto preponderante di Al Jazeera, è cominciata almeno 10 anni fa e nessuno gli ha dato il giusto peso. La parola propaganda è il passe-partout: la usano in bene le gerarchie vaticane che hanno da secoli un settore specializzato chiamato “Propaganda Fide”, cioè per propalare la Fede; la usano in male gli “arabi”, per le loro campagne contro Israele, per gli stessi scopi con cui la usava Goebbels, mentre Israele quasi la rigetta (perdendo tutti i dopoguerra dei conflitti sin qui combattuti).

Su molti quotidiani del 24 maggio si legge di un rapporto dei Servizi francesi che allerta il governo sull’avanzata penetrazione dell’Islam nei gangli della vita pubblica e sociale, operata con tutti i mezzi. Macron, però, non dà credito all’allarme e preferisce occuparsi di Gaza, mentre fa ancora discutere la notizia di un colossale blackout che ha bloccato il Festival di Cannes. Il redde rationem è arrivato, ma l’Occidente sventola la bandiera palestinese ignorando, o fingendo di ignorare, che il triangolo rosso aggiunto sulla bandiera di Arafat è il simbolo di Hamas.

Marco Del Monte

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