Sulle nuove vicende che scuotono Milano Chicco Testa, imprenditore, manager, ex parlamentare, ma soprattutto lombardo Doc, non ha dubbi: «La qualità e la continuità date dalle quattro amministrazioni Albertini, Moratti, Pisapia, Sala non possono essere messe in discussione da un caso che non possiamo considerare nemmeno giudiziario. Perché finora prove di reati non ce ne sono».

C’è chi parla di una nuova Tangentopoli.
«Tangentopoli era una cosa seria. Si aveva esagerato, d’accordo, si era fatto ricorso a metodi che non ho mai condiviso. Ma si era messo il dito in un problema dalle dimensioni del tutto differenti. Il finanziamento illecito era un costume della Prima repubblica, che sarebbe prima o poi esploso. Qui invece di cosa stiamo parlando? Siamo di fronte al solito processo mediatico, con le notizie che trapelano dalla procura e finiscono nelle mani dei giornalisti. Prima ancora che si apra un fascicolo o che si vada in aula, i media pretendono di fare i protagonisti. Procedura già vista. Su questo dovremmo fare una riflessione».

La magistratura torna a essere etica e dà giudizi morali.
«I giudizi morali lasciamoli ai preti. I magistrati, anziché parlare del comportamento degli amministratori, si occupino dei reati».

Non lo stanno facendo?
«Le critiche alla politica urbanistica del Comune di Milano non rientrano certamente nelle competenze della magistratura. Leggo che addirittura si accusa qualche dirigente o assessore comunale di aver ricevuto gli interlocutori nel suo ufficio. E cosa dovrebbe fare un assessore se non incontrare le parti sociali e le imprese?».

Le strumentalizzazioni, come diceva lei, non sono solo dei media, ma anche della politica.
«Questa è la parte assurda. Trovo straordinario il comportamento di alcune forze politiche che, in apertura di un processo, già chiedano le dimissioni della giunta e del sindaco. Ora che questo lo facciano i Cinquestelle non mi sorprende. È nella loro prassi. Salvo quando non sia implicato uno di loro. Ma che a farlo siano alcuni esponenti del centrodestra mi sembra davvero ridicolo. È un’ulteriore prova della sudditanza della politica verso la magistratura. Oppure, con un’altra interpretazione, dell’uso della magistratura, da parte della politica, per far fuori i propri avversari».

Milano capitale morale, Metodo Milano: cos’è rimasto di tutto questo?
«Ho trovato molto equilibrato Albertini, che rivendica proprio il “metodo Milano”. Non c’è dubbio che oggi Milano sia una capitale della portata internazionale. Lo sviluppo edilizio ha permesso la riqualificazione di aree degradate, il recupero di zone industriali, come l’ex scalo delle Varesine. In questi ultimi trent’anni, il suo skyline è cambiato radicalmente. Si è avuta una perfetta continuità dalla giunta Albertini, fino a quella di Sala, passando ovviamente per Moratti e Pisapia. Una qualità amministrativa senza paragoni in Italia. Lo dice bene Luigi Crespi nel suo ultimo libro».

Ci rimettono la politica, Milano e le imprese?
«Questo è il modo giusto per far scappare gli imprenditori».

Anche Milano-Cortina rischia l’immagine?
«Spero proprio di no. Non è coinvolta. Sebbene, questo modo di procedere, di cui una certa responsabilità va data alla stampa, bisogna ammetterlo, non fa bene nemmeno alle olimpiadi. Tempo però che già ci siano conseguenze su alcune opere come per esempio il villaggio olimpico che doveva diventare uno studentato».

Come se ne esce?
«Onestamente non lo so. La riforma che sta cercando di fare il governo è sacrosanta, ma non sarà sufficiente. Io pensavo che fosse finita, invece si insiste con questo comportamento reiterato dei magistrati di mettere sotto accusa qualsiasi attività legittima della politica e di voler raddrizzarle le gambe. Peraltro, si colpiscono personalità dalla reputazione internazionale come Stefano Boeri. Se ci sono dei reati, che si perseguano i reati. Finora ho visto solo delle grandi prediche».

Sala cosa può fare?
«Sala deve resistere».

Come diceva Borrelli.
«Esatto. Spero proprio che non si dimetta. E che con lui resti unita la giunta a continuare il lavoro svolto finora. La politica deve smetterla di usare i processi per accusarsi reciprocamente».

Però il rischio di un’accelerazione alla corsa a Palazzo Marino c’è, quando invece la scadenza naturale del mandato è per il prossimo anno.
«Le elezioni ci saranno quando sarà il momento. Non si può pensare altrimenti. Questa è una cartina tornasole importante delle dinamiche della politica milanese. Io spero che si continui nella tradizione di eleggere un sindaco che sia l’espressione della cultura imprenditoriale e civile milanesi».