Focus sulle attività di intercettazione
Intercettazioni, il trojan vacilla: chi controlla i controllori?
Un mese fa il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha presentato al Senato la relazione annuale sull’attività svolta dal primo gennaio 2021 al 9 febbraio 2022. Nella relazione c’è un paragrafo dedicato al tema delle intercettazioni, e più in particolare ai contratti secretati. Nella relazione si fa anche riferimento a una serie di criticità sul piano della trasparenza. C’è, dunque, una questione opacità da dipanare. E non è cosa da poco se si considera che la quasi totalità delle accuse al cuore dei processi che si celebrano ogni giorno nelle aule di tribunale – e che spesso comportano anche l’arresto e la reclusione di persone in attesa di giudizio (quindi di innocenti fino a prova contraria) – si basano sul contenuto di conversazioni intercettate. Le intercettazioni sono ormai il nucleo centrale di ogni accusa contestata dalla Procura e portata a processo.
Tecnicamente sono un mezzo di raccolta della prova. Se, quindi, attorno alle intercettazioni c’è opacità, come si può sperare che non ve ne sia anche attorno alla prova raccolta dalle intercettazioni? Il dubbio appare legittimo. Proprio a Napoli, un’inchiesta di maggio scorso aveva fatto emergere sospetti tali da disporre un’ispezione dei server installati dalla società Rcs presso gli uffici della Procura partenopea ipotizzando «condotte di accesso abusivo ai sistemi informatici» e compiere accertamenti sulla collocazione fisica degli apparti gestiti dalla società, quindi sui server, per far luce su un trasloco avvenuto dalla sala Ced della società alla sala server della Procura e sull’architettura dei sistemi e sulle modalità di funzionamento visto che «non risultavano effettuate comunicazioni alla Procura di Napoli». Il caso non è definitivamente chiuso. Intanto i dubbi restano. E si sommano a quelli che sorgono leggendo relazioni di consulenti a proposito della garanzia sulla integrità dei dati. Una criticità rilevata sta nel fatto che spesso manca una certificazione, manca un codice sorgente del sistema di captazione per cui diventa difficile stabilire il funzionamento reale ed effettivo di un qualunque sistema del mondo digitale. Bisognerebbe, invece, rendere possibile una descrizione e quindi una ricostruzione del processo complessivo relativo alle intercettazioni, o meglio relativo a tutte le loro fasi, dalla captazione vera e propria alla memorizzazione dei file audio, alla produzione del brogliaccio.
E ciò al fine di poter sempre conoscere e verificare come sono stati prodotti i brogliacci, quando e da chi, oltre ad avere accesso a ogni altro elemento utile a spiegare l’anomala presenza di queste informazioni tra i metadati dei brogliacci. In poche parole, bisognerebbe fare in modo che i brogliacci siano dei documenti informatici con tutte le caratteristiche tecniche utili a garantirne la paternità e l’integrità, dalla loro origine fino a tutto l’iter che seguono. Obiettivo integrità del dato, quindi. Che equivale a garanzia per tutti, per chi usa le intercettazioni come fonte di prova e per chi dalle intercettazioni deve invece difendersi. E poi obiettivo trasparenza. Qui entra in campo il tema dei controlli sollevato recentemente dal Copasir nella relazione annuale presentata in Senato. Già ad ottobre scorso, in verità, il Copasir aveva compito un’analisi e dettato una linea. Il lavoro è stato frutto di un approfondimento affidato al senatore Francesco Castiello e all’onorevole Elio Vito in quanto per la prima volta è stato il Copasir destinatario del documento della Corte dei Conti sull’intero ciclo della spesa relativo al contratto secretato. La lente, in questo caso, è stata puntata sui contratti secretati con riferimento al noleggio dei diversi sistemi di intercettazione.
In passato il codice dei contratti pubblici, nel testo originario, prevedeva che la Corte dei Conti, tramite un ufficio organizzato in modo da salvaguardare le esigenze di riservatezza, esercitasse un controllo preventivo sulla legittimità e sulla regolarità dei contratti secretati e un controllo successivo sulla loro gestione. Tale ufficio dava poi conto della sua attività con una relazione al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno. Il decreto-legge 30 aprile 2020, convertito dalla legge 25 giugno 2020, ha introdotto alcune modifiche. L’ufficio della Corte dei Conti preposto al controllo ha quindi assunto il rango di Sezione centrale per il controllo dei contratti secretati e, oltre alle funzioni già previste, ha acquisito anche il controllo sulla legittimità dei decreti di secretazione delle procedure di gara o di affidamento che comportano l’accesso a informazioni con classifica «riservatissimo o superiore ». Con la norma del 2020 si è stabilito inoltre che il destinatario dell’obbligo a riferire l’esito dell’attività di controllo non è più il Parlamento, bensì il Copasir. «Fino al 2021 la relazione inviata al Parlamento non risulta sia mai stata esaminata», ha fatto notare il Copasir nella relazione annuale presentata in Senato il 9 febbraio scorso. Il documento predisposto dai relatori Castiello e Vito ha in sintesi sottolineato alcune criticità nel controllo sui contratti secretati, a causa del numero ancora troppo esiguo delle autorità che si attengono alla disciplina prevista.
«Questo dato – si legge nella relazione – si presenta fortemente problematico con riferimento ai sistemi di intercettazione e captazione sui quali si è appurato un duplice contrasto». Il primo punto è relativo al fatto che la Corte di Cassazione civile ha inteso il costo dell’attività di intercettazione come spesa di giustizia, «con la conseguenza – si spiega nella relazione – che l’affidamento di tale attività non soggiace all’obbligo di controllo da parte della Corte dei Conti, mentre il Consiglio di Stato è orientato nel qualificare gli affidamenti dei servizi di intercettazioni telefoniche e ambientali, da parte delle Procure, come contratti secretati». Altro aspetto opaco: «In secondo luogo, sussiste un contrasto tra l’indirizzo derivante dalle norme europee – assunto giustamente come orientamento da parte del Ministero della giustizia – e la giurisprudenza interna che deve essere necessariamente superato, anche per evitare l’infrazione europea cui l’Italia è stata sottoposta». Inoltre, «per quanto riguarda le intercettazioni, il Comitato ha rilevato che, malgrado le rassicurazioni fornite, il Governo non è ancora intervenuto per affrontare le problematiche di questo settore, anche nella direzione di individuare dei requisiti di base unici a cui gli operatori si debbano attenere, come accade in altri settori per i quali è previsto un processo di qualificazione degli operatori economici; si rinnova quindi l’auspicio che tale riflessione si concretizzi in tempi brevi».
Di qui la proposta di interventi normativi, avanzata dal Comitato al fine di «migliorare la disciplina dell’affidamento di tale servizio secondo alcune indispensabili linee direttrici: l’auspicabile superamento della richiamata divergenza interpretativa tra ordinamento interno e comunitario nella direzione di un adeguamento verso quest’ultimo per la protezione dei diritti fondamentali, con particolare riguardo alla privacy, ponendo così termine alla procedura d’infrazione che grava sul nostro Paese; la necessità che il controllo sui contratti relativo alla fornitura dei diversi sistemi di intercettazione sia garantito in termini effettivi; l’equilibrata armonizzazione delle tariffe con le quali sono remunerati i fornitori di tale servizio al fine di superare l’attuale quadro che presenta consistenti differenze di costo tra i vari uffici giudiziari, elemento emerso anche in precedenti interlocuzioni del Comitato; la conferma di un indirizzo diretto ad assicurare che aziende che mettono a disposizione tali strumenti rispondano a precisi requisiti di affidabilità, soprattutto con riferimento alla protezione di dati personali e sensibili, anche alla luce dei ripetuti attacchi ai sistemi informatici pubblici e privati che si sono concretizzati nell’esfiltrazione di informazioni, come peraltro emerso in alcune inchieste giudiziarie sulle quali il Comitato ha richiesto elementi informativi alla magistratura competente».
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