I fattori culturali, quelli normativi, quelli economici. Sono diversi i motivi per cui la parità tra le parti processuali continua a essere un principio costituzionale citato nella teoria ma disapplicato nella pratica di molti processi. E nessuna riforma della giustizia sarà concretamente efficace se non si garantisce questa parità, se non si annulla lo sbilanciamento per cui il pm dispone di risorse quasi illimitate, non risponde in prima persona degli eventuali danni di un’indagine e può contare sul fatto che le consulenze degli esperti che sceglie hanno in genere più valenza probatoria di quelle dei consulenti della difesa. È evidente che uno sbilanciamento c’è, che accusa e difesa non sono su un piano di parità in ogni processo.

Pensiamo, per esempio, ai costi. Un cittadino, che per difendersi deve avvalersi anche di consulenti e di indagini difensive di tipo tecnico, può arrivare a spendere centinaia di migliaia di euro, consumare tutti i propri risparmi, vendere le proprietà, indebitarsi, oppure deve rinunciare a difendersi come vorrebbe e come servirebbe per contrastare efficacemente una tesi accusatoria che si ritiene inesatta. Un pm, invece, dispone di un ampio ventaglio di risorse, del supporto della polizia giudiziaria, della possibilità di ascoltare testimoni ed eventualmente di secretarne le dichiarazioni, nonché di intercettare colloqui e incontri sebbene previa autorizzazione di un giudice.

I costi delle indagini sono un capitolo di spesa rilevante e analizzarlo aiuta ad avere un quadro più completo della situazione e dello sbilanciamento di risorse che le diverse parti di un processo mettono in campo. Secondo i dati dell’ultimo bilancio sociale reso noto dalla Procura di Napoli, in un anno, per le intercettazioni nella fase delle indagini, si sono spesi oltre 12 milioni di euro. Il dato fa riferimento al bilancio sociale 2020, quello 2021 non è stato finora reso noto dalla Procura partenopea. Si tratta, tuttavia, di una cifra elevatissima se si considera che, nell’anno di riferimento, si sono contati poco più di diecimila procedimenti. Nei 12 milioni e 300mila euro spesi in intercettazioni (nel 2018 erano stati 10 milioni e 800mila euro) rientrano i costi per il traffico di telefonate da captare, il noleggio delle apparecchiature usate anche per le intercettazioni ambientali e informatiche, le acquisizioni di tabulati, la videosorveglianza e la localizzazione di ciascun indagato.

A pesare di più sono state le spese per intercettazioni telefoniche, sebbene tra il 2018 e il 2019 si sia registrato anche un sensibile incremento delle spese per le intercettazioni informatiche, più complesse di quelle telefoniche e ambientali: da 978.837,88 euro si è passati a 2.670.929,95 euro. In crescita anche i costi per dotare la Procura di strumentazioni informatiche: nel 2018 il valore del materiale informatico è passato da 264.285.000 a 620.854.000 euro, per arrivare l’anno successivo a 889.398.000. Le dotazioni informatiche sono utilizzate anche  per dare concretezza agli sforzi di innovazione tecnologica e digitalizzazione del lavoro in Procura, in particolare alla luce della pandemia e delle conseguenze, anche nel settore giustizia, dell’emergenza sanitaria e l’affermazione del principio del lavoro da remoto.

Tuttavia, negli ultimi anni il lavoro dell’ufficio inquirente si è avvalso sempre più di strumentazioni informatiche ai fini investigativi. Il che significa indagini sempre più tecniche e basate su sofisticati strumenti di investigazioni che a loro volta richiedono indagini difensive altrettanto sofisticate. Ed è su questo piano che si verifica la disparità tra accusa e difesa. Ora, è chiaro che ci sono moltissime indagini che hanno ragion d’essere e che devono essere necessariamente svolte e portate a termine, ma è altrettanto vero che dai dati annuali si rileva che solo la metà delle indagini con indagati noti arriva alla fase processuale, mentre prevalgono le archiviazioni tra i fascicoli aperti a modello 44, cioè per notizie di reato contro persone ignote.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).