Da febbraio 2019 il prefetto Annapaola Porzio è commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura e da pochi giorni ha firmato la relazione annuale che è un bilancio delle azioni messe in campo, ma anche un quadro dello scenario attuale. E il dato che emerge è preoccupante: il numero di istanze per accedere al fondo di solidarietà non arriva a 50 in tutta la Campania per le vittime di usura ed è appena oltre 50 per le vittime di racket. Vuol dire che le denunce sono di poco superiori, ma comunque si tratta di numeri bassissimi rispetto alle proporzioni del fenomeno criminale. “I dati sulle istanze raccontano una storia agghiacciante – spiega Porzio – e danno la misura di come le persone non sono informate e non credono in questa istituzione. Bisognerebbe incoraggiare i cittadini a fidarsi di più delle istituzioni, a denunciare o comunque rivolgersi a sindaci, prefetti, forze di polizia o magistrati se sono in difficoltà. Questi contatti possono fare la differenza”.

Altrimenti qual è il rischio? E quanto può incidere la crisi determinata dalla pandemia in atto?
“Il rischio è che la criminalità organizzata torni a riacquistare un potere che negli ultimi trent’anni aveva perso. In questa fase di crisi così acuta le famiglie sono in difficoltà, e più a lungo resteranno chiuse le aziende e più posti di lavoro saranno persi. La criminalità è pronta ad approfittarne e aggredire aziende e famiglie. Per le persone già ci sono segnali ben precisi: le cosche stanno offrendo buste della spesa e servizi vari al fine di riacquistare potere in termini di credito di impresa. Si rischia di veder vanificato il lavoro fatto dagli anni Novanta a oggi nella lotta alla criminalità organizzata, e al racket e all’usura che sono reati sentinella della presenza della camorra. Significherebbe dover ricominciare tutto daccapo”.

Quali sono i settori dove le infiltrazioni della camorra sono più possibili?
“La nuova frontiera è la sanità. Avevamo già avuto un segnale di grandi investimenti nel settore delle case di riposo, perché sono investimenti facili. Ora tutto il comparto sanitario è sotto osservazione, perché rappresenta un’occasione di business che la pandemia ha servito alle cosche su un piatto d’argento. Secondo me avremo un gran daffare in futuro”.

Aleggia, dunque, lo spettro di una camorra più subdola e di camorristi travestiti da manager?
“Oggi la criminalità organizzata si è riconvertita, è meno violenta, più pervasiva e difficilmente riconoscibile. Può accadere che un imprenditore si ritrovi un collega appartenente a una cosca senza nemmeno saperlo e senza riuscire a riconoscerlo perché si comporta e si atteggia come noi”.

Ma con quale tecnica i clan si infiltrano nel tessuto imprenditoriale ?
“Il tentativo espedito è spingere l’imprenditore dell’economia sana verso difficoltà economiche (e in questo periodo non c’è nemmeno più la necessità di spingerlo) e offrirsi di sostenerlo per poi acquisirne l’impresa. La criminalità organizzata ha fondi illimitati purtroppo, ai clan i soldi non mancano e sono pronti a prestarli non tanto per averne un ritorno maggiorato con gli interessi quanto per prendersi l’intera impresa. E tutto questo è drammatico perché nel nostro Paese l’impegno è stato mirato al mantenimento dell’economia legale. L’allarme ora è molto forte e l’attenzione deve essere massima”.

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).