Fabrizio Miccoli affida a una lettera pubblicata sulla sua pagina Instagram uno sfogo, pensieri ed emozioni rimuginate lungo anni, una specie di confessione, una maniera per farsi ascoltare. Lo scorso autunno era stato condannato a tre anni e tre mesi di carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Dopo sei mesi in cella è tornato in libertà: sconterà quello che resta della sua pena con la misura alternativa dell’affidamento in prova.
Miccoli era stato accusato di aver recuperato un credito di 12mila euro per conto dell’ex fisioterapista del Palermo Giorgio Gasparini presso l’imprenditore, al tempo titolare della discoteca “Paparazzi” di Isola delle Femmine, Andrea Graffagnini. Per la vicenda l’ex atleta era stato accusato di essersi rivolto a Mauro Lauricella, figlio del boss del quartiere Kalsa Antonino Lauricella detto “U’ Scintilluni”. Miccoli nel processo a Lauricella aveva detto che “mi divertivo con lui, ma non sapevo fosse il figlio di un mafioso. Comunque è una persona alla quale voglio bene”.
Il post di Fabrizio Miccoli
“12 anni fa ho fatto un grosso errore. Uno di quegli errori che ti cambiano la vita. Avevo tutto. Ero il capitano del Palermo, facevo il lavoro che avevo sempre sognato di fare fin da bambino e la gente di Palermo mi faceva sentire a casa. In questi 12 lunghissimi anni ho sempre preferito il silenzio. Ho letto di tutto ma non ho mai replicato.
Quando sei un calciatore in Serie A hai tante attenzioni. Tante persone vogliono un pezzo di te. Tanti ti conoscono ma tu non conosci nessuno. Non sai di chi ti puoi fidare. In realtà ho fatto più di un errore. Il primo grosso errore è stato quello di essere sempre disponibile con tutti. Chi viveva a Palermo in quegli anni … sa. Il secondo errore è stato quello di usare delle parole sbagliate, parole che non pensavo e mai penserò. Spesso quando sei al top ti senti invincibile … invece sei solo umano.
Ho chiesto scusa tempo fa per quelle parole e lo faccio nuovamente. L’anno scorso è arrivata la sentenza. Sentenza che non ho condiviso perché mi sentivo lontano e sono lontano da quel mondo, ma sentenza che ho rispettato presentandomi spontaneamente il giorno seguente in un carcere di massima sicurezza, sempre per scelta mia, per scontare la mia pena.
1 Giorno lì dentro sembra infinto, 6/7 mesi … un’eternità.
La pena più grande l’ho scontata in questi 12 anni, ogni giorno, nel vedermi accostato ad un qualcosa che non sono e che non mi appartiene. Qualche settimana fa sono tornato in libertà. Non chiedo di essere capito, non chiedo che venga dimenticato ciò che è successo. Non è questo che voglio ottenere con questa lettera. Voglio solo, dopo 12 lunghi anni, chiarire la mia posizione, dire la mia anziché farla dire ad altri.
Ci tengo a ringraziare i miei due avvocati Antonio Savoia (foro di Lecce) e Giulia Solenni (foro di Verona). Voglio ringraziare i miei tifosi che in questi anni non hanno chiesto spiegazioni, mi ha supportato e mostrato un amore e un affetto che mai avrei pensato. Ringrazio le tante persone che mi hanno aiutato su tutti Pierpaolo Mengoli e Giovanni Fasano con le rispettive famiglie per tutto il supporto dato. Ma soprattutto ci tengo a ringraziare la mia famiglia, mia moglie Flaviana ed i miei figli Swami e Diego per esserci sempre. Stare lontano da loro è stato tremendo. Come in campo … dopo una sconfitta non puoi rigiocare la partita appena persa, ma puoi allenarti e cercare di fare meglio nella prossima partita. Ho quasi 43 anni e spero di avere ancora tante ‘partite’ per recuperare e mostrare il vero Fabrizio Miccoli. Grazie. Fabrizio”.
La vicenda giudiziaria
La vicenda, risalente a oltre dieci anni fa, ebbe eco mediatica anche per la registrazione in cui il calciatore, in auto con Lauricella, aveva definito il giudice Giovanni Falcone, ucciso nell’attentato di Capaci del 1992, con la moglie e alcuni membri della scorta, “quel fango”. Il padre dell’attaccante, Enrico Miccoli, in un’intervista a Il Corriere della Sera, ha avanzato il sospetto: “Non voglio pensare che sia così, ma credo che la magistratura gli abbia voluto dare una lezione, per quella parola che pronunciò durante quella telefonata, riferendosi al giudice Falcone. Per quella parola ha chiesto scusa davanti a tutte le televisioni, lo ha fatto in lacrime, a cuore aperto, ma c’è stato chi non lo ha perdonato. Lui è in carcere, mentre chi ha sciolto i bimbi nell’acido è libero”.
Dopo la sentenza Miccoli si era consegnato presso il carcere di massima sicurezza di Rovigo. Scelse il Veneto per stare lontano da tutti. “Non è contento di questa condizione, è ovvio, ma sta resistendo”, disse l’avvocato Antonio Savoia a Palermo Today. “Certamente non è contento, ma sta cercando di affrontare nel miglior dei modi la situazione. Pur non condividendola, rispetta la sentenza”. Disse do essere “deluso, sto pagando per qualcosa che non ho fatto”. Lo scorso novembre la Cassazione aveva confermato la condanna a tre anni e sei mesi per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
