Non sono sotto i riflettori, spesso non se ne parla perché non fanno eco sulla stampa, sui media, sui canali social, eppure esistono, vivono, soffrono e gioiscono come noi e hanno diritto a vivere una vita dignitosa e piena. Stiamo parlando dei malati affetti da “malattie rare”. Non ne sentiamo spesso parlare anche se queste malattie purtroppo condizionano tante vite di persone malate e delle loro famiglie che diventano automaticamente non solo i caregiver ma l’unica porta di accesso alla società per questi malati. Spesso i pazienti e i nuclei famigliari che al loro interno vivono il dramma delle “malattie rare” scivolano in una sorta di esclusione sociale che li porta ai margini della società per carenza di aiuti e di reti di sostegno, ma anche perché tali malattie sono talvolta spesso complesse da identificare e non vengono riconosciute.

Sembra anche brutale dirlo ma, purtroppo, anche la ricerca scientifica in questi casi si è fermata sia per scarsità di risorse economiche e di investimenti sia perché la rarità dei casi a livello mondiale ha reso complicato, fino a qualche anno fa, l’interazione tra medici e ricercatori che studiavano questo tipo di patologie. Anche in questo caso è straordinario vedere come il Terzo Settore italiano abbia trovato il modo di “essere risposta” nel sostegno e accompagnamento dei pazienti, nel mettere attorno alle famiglie delle reti virtuose e nel fare conoscere e rendere “visibili” situazioni relegate fino a poco tempo fa all’invisibilità.

Per questo oggi vi racconto la storia di “Una Vita Rara” che si occupa di una patologia che colpisce 14 pazienti in Italia e 200 in tutto il mondo di cui, quelli conosciuti, 34 sono negli USA, 8 in Francia, 7 in Canada e poi altri Paesi che hanno segnalato meno di 3 casi. Sono poche, pochissime persone in rapporto alla popolazione mondiale, ma anche queste sono convinto che siano vite da vivere appieno mettendo in condizione questi pazienti di vivere nel modo più dignitoso possibile la loro vita.

Stiamo parlando dell’AHDS ovvero la sindrome di Allan-Herndon-Dudley altresì conosciuta come deficit del trasportatore degli ormoni tiroidei MCT8. Questa patologia si configura come una rara encefalopatia congenita che colpisce i maschi e che si caratterizza con un ritardo psicomotorio, ipotonia dell’asse nervoso-muscoloso, spasticità degli arti, distonia, epilessia. Al momento non esiste una cura e quindi il trattamento disponibile per i pazienti è solo sintomatico e di supporto. In Italia è oggi in corso un trial clinico che ha come centro coordinatore internazionale l’Erasmus Medical Center di Rotterdam e come centro coordinatore locale italiano l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. In Italia partecipa al trial anche l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

“Una Vita Rara” è l’associazione nata nel 2016 per volontà di Rosita e Giorgio Boniotti, due genitori che nel 2003 adottano Davide (un bambino di soli 26 giorni) e che dopo qualche mese intuiscono osservando il loro bambino che qualcosa non va: Davide, infatti, fatica a controllare il capo e i movimenti del suo corpo. I due genitori impiegano dodici anni per arrivare a una diagnosi che solo nel 2015 viene definita ed è proprio l’AHDS-MCT8. Da quel momento Rosita e Giorgio decidono di fondare qualcosa che possa sostenere la ricerca scientifica e far conoscere questa malattia, ed è così che si arriva appunto al 23 aprile 2016, giorno in cui nel 2003 Davide per la prima volta è entrato nella sua nuova casa e giorno in cui viene fondata “Una Vita Rara”.

In questi anni di attività, oltre ad essere stati comunque in prima linea per l’aiuto alla popolazione bresciana durante la pandemia Covid, l’associazione ha finanziato diversi progetti di ricerca. Uno dei momenti più emozionanti di questi anni di attività è sicuramente stata la “Rare Words Run”, la corsa delle parole rare, una marcia di speranza partita da Brescia il 21 aprile 2018 e arrivata il 30 aprile lunga 700 km che ha portato l’associazione e la storia di tutti i malati di AHDS tra le braccia di Papa Francesco che ha accolto Luca Sala, organizzatore della corsa e sostenitore dell’associazione, Giorgio Boniotti, papà di Davide e presidente dell’associazione, e tutta la squadra di bikers e runners che hanno realizzato questa avventura. Sono certo eventi simbolici, ma fondamentali per accendere un faro culturale e di condivisione nella società.

L’associazione “Una Vita Rara” organizza tanti eventi e momenti di socialità per diffondere la conoscenza della malattia e cercare di raccogliere fondi per il sostegno alla ricerca scientifica sempre accompagnati dal cuore profilato d’azzurro, il colore del cielo e del mare. Questo è il logo scelto dall’associazione per ricordare quanto questi malati riescano a toccare proprio il cuore attraverso i loro sorrisi e i loro sguardi pieni di speranza e di voglia di vivere. Sosteniamo la ricerca, e diamo maggiori risposte per la quotidianità di queste famiglie per alimentare la loro speranza.