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L’anno che verrà, la risposta alla crisi di missione è nel riformismo socialista
Un progetto paese. Quello che serve, nell’anno che verrà, per passare dalla mera gestione delle emergenze a un’idea di crescita. L’anno che verrà potrebbe rappresentare la cesura netta con una stagione segnata da avvenimenti dirompenti che hanno cambiato radicalmente la società italiana e il paradigma stesso con cui la politica ora deve rispondere ai nuovi bisogni: una guerra nel cuore dell’Europa, la pandemia globale, la crisi economica che morde, hanno reso il tessuto sociale più fragile e le richieste di protezione sociale più forti, come rileva il direttore generale del Censis.
Il dipanarsi affannoso e complesso dell’anno che ci lasciamo alle spalle, con un governo di destra imperniato di politiche conservatrici e reazionarie, dove a farne le spese saranno i diritti sociali e civili, deve spingere le forze di centrosinistra a una opposizione più intransigente e all’elaborazione di un progetto e una visione di futuro. Archiviando l’era del populismo, dove a farla da padrone è stata l’improvvisazione, il pressapochismo, l’assenza di un progetto politico utile a rilanciare e rifondare un Paese sfinito da un ventennio che sarà ricordato dagli storici, probabilmente, come uno dei periodi in cui troppe ombre hanno avuto facile agio su poche luci, nella quale l’etica della responsabilità politica è finita stabilmente sotto il tappeto di un sistema sociale sfilacciato e frammentato, dove sono emersi egoismi sedimentati e qualunquismo straccione.
La risposta a questa crisi di missione è nel riformismo socialista, in quella straordinaria idea di modernizzazione che aveva reso l’Italia più libera, più civile e più giusta, soprattutto più forte nel confronto con il resto del mondo. Quell’idea che oggi, più che mai, deve essere considerata l’unica possibile per salvare il paese da quella malinconia e quella stanchezza che l’ha gettata nella rassegnazione. Nell’anno che verrà, la parola chiave in cima alle priorità della politica di centrosinistra dovrebbe essere il merito. Di chi, insomma, può contribuire a rendere questa società migliore, partendo da una condizione lontana dal privilegio. E se la sinistra non partirà dalla valorizzazione delle energie migliori del Paese, avrà esaurito il suo progetto originario e sarà responsabile del perdurare di una crisi che c’è già da troppo tempo. Uno scenario che la sinistra non può permettersi.
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