Pronte nuove misure per combattere l’odio antisemita
L’Australia si sveglia solo dopo la strage: il primo ministro Albanese ha aspettato che ci fossero morti
Il primo ministro australiano, Anthony Albanese, ha avuto bisogno di una strage di ebrei su una spiaggia di Sydney per annunciare l’adozione di misure contro l’odio antisemita. Significa, banalmente, che in quel Paese come in tanti altri l’andazzo antisemita è andato fuori controllo e ha costretto il potere pubblico a rimediare alle proprie inefficienze. Qualcuno, anche qui da noi, ha avuto il coraggio di rimproverare il primo ministro di Israele il quale, l’altro giorno, ha rinfacciato all’omologo australiano la colpa di aver sottovalutato il clima da Kristallnacht che ha portato all’eccidio di Bondi Beach. Ma quanto fossero pretestuose e strumentali le accuse di Bibi Netanyahu s’è visto qualche giorno dopo: quando, appunto, Albanese si è presentato davanti a una selva di microfoni e telecamere per snocciolare l’elenco di provvedimenti messi tardivamente a pezza di un tessuto sociale e civile drammaticamente infestato di antisemitismo.
Non conforta – semmai fa rabbia – che sia stato necessario raccogliere tutti quegli ebrei macellati per assistere a un conato di resipiscenza del primo ministro australiano. Il quale, sulle prime, era indotto a rilasciare un comunicato da mattinale di polizia in cui manifestava allarme “per le scene di Bondi Beach”, senza il più pallido accenno al fatto che si trattava di un massacro antisemita. Poi affidava alle agenzie risentite repliche alle accuse che gli venivano da più parti, e cioè di non aver fatto nulla per contenere e reprimere le manifestazioni di odio antiebraico la cui impunità inevitabilmente avrebbe portato a qualche tragedia. Infine (evidentemente non si trattava di addebiti campati per aria), l’annuncio di quel pacchetto di misure: riforme legislative per stroncare le manifestazioni di propaganda antisemita, nuovi poteri al ministro degli Esteri per revocare i visti ai responsabili di discorsi d’odio, la creazione di una task force per intervenire nel sistema educativo contro l’antisemitismo, un coordinamento governativo contro l’antisemitismo online e via di questo passo.
Non si sa se, ove adottate prima, queste iniziative di contrasto avrebbero impedito la strage dell’altro giorno. Ma è certo che averle adottate dopo denuncia l’inettitudine – o, peggio, l’indifferenza – del governo che per capacitarsi del pericolo del fuoco ha bisogno di vedere la casa incenerita.
E mentre in Australia si approvano quelle misure, qui da noi che si fa? Ci si accapiglia sul ddl Delrio (per lo più raccontandone falsità e fesserie), vale a dire su una proposta che si limita ad adottare una definizione di antisemitismo onde indirizzare la dovuta sorveglianza sulle manifestazioni di odio nel sistema educativo e online. E, tra un bisticcio e l’altro per salvaguardare il diritto di “criticare Israele”, si spiega in nome del popolo italiano che fare propaganda sul valore resistenziale del 7 ottobre appartiene al legittimo esercizio del diritto di opinione.
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