“Pasticcio” sulle pensioni
Lega-Giorgetti, thriller sulla Manovra: traballa il governo che si spacca sugli emendament, gongola Schlein
Il terrore corre lungo il filo. Il sequel è girato al piano ammezzato, una rampa di scale dall’ingresso secondario di Palazzo Carpegna, Senato. Un’ambientazione perfetta: soffitti bassi, area artefatta, il luogo ideale per inscenare una congiura. La mezzanotte sta per arrivare, e la commissione che dovrà portare in Aula la manovra è ancora al lavoro. Con il favore delle tenebre entra in scena il primo “assassino”: passi felpati, voce decisa, il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo. In realtà è un semplice emissario; l’avvertimento è partito direttamente dal “capo”, Matteo Salvini.
Seguiamo la telecamera: Romeo prende atto del “pasticcio” sulle pensioni, poi si apparta in un ufficio vuoto e, senza pensarci, chiama il “responsabile”, il ministro dell’Economia e suo collega di partito, Giancarlo Giorgetti. La minaccia è di quelle che non possono cadere nel vuoto: “O togli le norme sulle pensioni dall’emendamento o usciamo dal governo seduta stante”. Nessun romanzo: la versione dei fatti viene confermata da tutti i principali attori, stavolta si fa sul serio. Il casus belli sono il riscatto della laurea e le finestre mobili per la pensione anticipata. Ora la scena si fa veloce: l’aut-aut provoca la convocazione di un gabinetto di emergenza — con il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, il sottosegretario all’Economia Federico Freni e la Ragioniera dello Stato Daria Perrotta — nel pieno della notte. Bisogna procedere con lo stralcio delle norme incriminate e trovare altre coperture per tenere in piedi il maxi-emendamento. Per qualche ora la manovra entra di fatto in rianimazione: i “chirurghi” devono operare a cuore aperto. La soluzione sbuca all’ultimo momento: un decreto da approvare in uno dei prossimi Consigli dei ministri per salvare le risorse promesse alle aziende, dai crediti d’imposta per la Zes a Transizione 4.0. I “pistoleri”, alla luce del giorno, minimizzano: “Sono dinamiche fisiologiche che si vedono da decenni quando la manovra arriva a questo punto”. Una mezza verità.
Mentre il caso pensioni apparentemente rientra, la manovra cambia pelle anche su altri fronti. La scure cade sulla tassazione dei dividendi sulle holding, passando da 736 a 35 milioni per il prossimo anno, limitando il regime dell’esclusione alle società controllate superiori al 5% o di importo superiore a 500 mila euro. Cambia anche l’aliquota sugli affitti brevi con finalità turistica: oltre i due immobili diventa reddito di imposta. Sulla prima casa resta al 21%, sulla seconda al 26%. A banche e assicurazioni vengono chiesti 605 milioni in più per i prossimi due anni, con una riduzione della deducibilità sulle perdite, mentre l’aumento dell’Irap resta al 2%. Sul duello notturno prende posizione Carlo Calenda: “Penso che Salvini sia proprio molto spregiudicato e stia cercando di usare provvedimenti di cui conosce perfettamente l’esistenza. Li fa uscire per poi poterli attaccare. Se fossi in Meloni e Tajani, gli darei una bella tirata d’orecchie”. Poi il leader di Azione ricorda: “Io sono stato al governo per cinque anni, ma queste cose si discutono prima. Quello di Salvini non è un modo leale di stare in una coalizione”.
Dallo stesso fronte, il segretario del Partito liberaldemocratico Luigi Marattin ironizza: “Ringraziamo Giancarlo Giorgetti per il lavoro svolto e prendiamo tragicamente atto della nomina di Claudio Borghi a ministro dell’Economia”. Nel frattempo, in commissione arriva la riformulazione dell’emendamento a prima firma di Sergio Rastrelli di FdI, sulla riapertura dei termini del condono edilizio del 2003. Il testo prevede che “sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito” tra cui le opere realizzate in assenza o difformità di titolo abitativo e quelle di manutenzione straordinaria, compresi restauri nell’ambito dell’intero territorio nazionale. “Faremo le barricate, perché è inaccettabile introdurre un tema così delicato e impensabile che si faccia nella legge di bilancio il 19 dicembre”, tuona il capogruppo 5 Stelle Stefano Patuanelli. Nel primo pomeriggio, con una conferenza stampa in Senato, irrompe la segretaria del Pd, accanto il capogruppo Francesco Boccia e lo sherpa Daniele Manca. “Giorgia Meloni pochi giorni fa alla Camera faceva la spavalda, ma oggi si è rotta la sua coalizione”, attacca Elly Schlein.
Riepilogo: la maggioranza balla, le minoranze gufano. La manovra in doppia lettura sarà approvata il 30 dicembre, a 24 ore dall’esercizio provvisorio. Insomma, finché notte non ci separi.
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