MBDA è uno dei principali poli europei della difesa, una joint venture internazionale che riunisce le competenze di Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna. A guidare questa realtà in Italia c’è l’ingegnere Lorenzo Mariani. Con una lunga esperienza internazionale e una profonda conoscenza sia del lato tecnologico sia del lato politico-industriale del settore, Mariani ha un approccio moderno e olistico alla difesa: non una scelta contingente, ma una condizione strutturale per garantire stabilità, crescita e capacità tecnologica a lungo termine: «Senza sicurezza non esiste un’economia funzionante, né possono operare i servizi essenziali».

In un contesto geopolitico in forte fermento, la difesa è tornata un tema centrale dell’agenda.
«Il vero motivo per investire nella difesa è la sicurezza. Dove manca sicurezza non esiste economia, né possono funzionare servizi essenziali come scuole e ospedali. Lo vediamo nei teatri di guerra: senza stabilità, le attività economiche cessano e i servizi collassano. Per questo il tema non è solo finanziario, ma strategico. La spesa deve crescere in modo graduale e sostenibile, come già avviene in Italia, perché la difesa resta un pilastro della sicurezza nazionale e globale».

Le minacce evolvono e la tecnologia diventa decisiva. Quali sono oggi le aree di ricerca più urgenti su cui state concentrando gli investimenti?
«La missilistica è da sempre un settore tecnologicamente avanzatissimo. Oggi le priorità riguardano innanzitutto i materiali: un missile che vola a velocità estreme deve resistere a sollecitazioni fisiche intense mantenendo pesi ridotti. Poi c’è la guida autonoma nella fase terminale della traiettoria, che si basa su sensori radar, infrarossi e laser sempre più sofisticati e capaci di reagire a minacce complesse. Investiamo anche nella propulsione, in collaborazione con la supply chain italiana, perché missili più veloci e con maggiore raggio richiedono sistemi di spinta più performanti. Infine c’è l’intera famiglia dell’intelligenza artificiale: elaborazione di grandi quantità di dati, filtraggio, addestramento dei modelli, previsione delle traiettorie in ambienti incerti. L’IA permette di reagire più rapidamente e di migliorare la precisione del sistema d’arma in scenari operativi saturi e altamente dinamici».

Le competenze diventano quindi un elemento critico.
«La crescita dell’organico ci impone un grande investimento sulle persone. La maggior parte dei nuovi ingressi riguarda profili STEM, e per questo abbiamo accordi con Politecnici e Università per orientare già in fase accademica gli studenti verso le competenze più richieste. Chi entra segue un percorso di on-boarding che combina formazione immediata on the job e un cammino pluriennale di crescita strutturata».

E le donne?
«La presenza femminile risente del numero ridotto di laureate nelle discipline ingegneristiche, ma sta aumentando e in alcune funzioni supera la media aziendale. In Italia abbiamo ruoli apicali ricoperti da donne, come la responsabile dell’ingegneria – che guida un’area molto ampia – e la responsabile degli acquisti. In molte posizioni le capacità di focalizzazione e gestione della complessità rendono i profili femminili particolarmente efficaci, anche di più rispetto a quelli maschili».

Il ministro Crosetto nel recente non-paper ha riportato al centro il tema dei conflitti ibridi. Come cambia il vostro lavoro alla luce di questa trasformazione?
«Il non-paper descrive bene uno scenario ormai consolidato: alla guerra tradizionale si affiancano l’uso estensivo di droni, la guerra elettronica, comunicazioni rese indisponibili (quello che in gergo è definito GPS denied), la disinformazione digitale e gli attacchi cyber contro infrastrutture civili e militari. In Ucraina se n’ è vista la potenza. MBDA interviene su una parte di questo quadro. Da un lato occorre aumentare la disponibilità di sistemi missilistici tradizionali e ridurre i tempi di consegna. Dall’altro servono nuove tecnologie: la capacità di intercettare missili ipersonici, che oggi rappresentano una minaccia nuova e complessa; e le armi a energia diretta, come i laser, fondamentali per neutralizzare sciami di droni senza consumare sistemi d’arma dai costi elevati. C’è poi la resilienza cyber: i nostri sistemi devono continuare a funzionare anche sotto attacco informatico. Non vendiamo questa capacità come servizio, ma la integriamo nei nostri prodotti, perché l’ambiente operativo è ormai inevitabilmente esposto al rischio cyber».

Che ruolo ha oggi l’Italia nei programmi europei della difesa?
«Nel nostro segmento il contributo italiano è in crescita. Partecipiamo a un numero sempre maggiore di progetti europei, con una qualità tecnica elevata e ritorni economici significativi. La natura stessa di MBDA, che coinvolge più Paesi, permette di sviluppare proposte già coerenti con gli obiettivi UE di riduzione della frammentazione industriale».

Entriamo nella stagione della legge di bilancio. Quali priorità ritenete imprescindibili?
«Le Forze Armate chiedono un rafforzamento della difesa aerea multilivello: sistemi di corto, medio e lungo raggio, piattaforme terrestri, navali e aerotrasportate. Servono risorse per ampliare la capacità produttiva e sviluppare nuove funzionalità tecnologiche. È essenziale che la crescita dei fondi sia ordinata e graduale, perché solo così l’industria italiana ed europea può svilupparsi in modo sano».