Oggi sarebbero stati 89 anni e da cinque Luciano Rispoli se n’è andato, nel disinteresse quasi totale da parte di quella Rai a cui diede più di quanto non abbia ricevuto in cambio. Sessant’anni di onorata e rispettabile carriera. Come se non fosse mai esistito, nessuna citazione in Techetechetè, nessuna o quasi volontà di onorarne la memoria.

Mentre l’Italia piange ancora la scomparsa di Raffa internazionale, bisognerebbe ricordarsi anche di chi – all’epoca capostruttura con delega all’intrattenimento – le consentì, tanto per dirne una, di debuttare nelle vesti di intervistatrice nella rubrica Raffaella col microfono a tracolla. Lo hanno fatto in pochissimi e nei confronti del conduttore e giornalista calabrese, per cui si adoperò per primo il termine talk show sul Radiocorriere (L’Ospite delle 2 di Rispoli è del 1975, su Rai1 nelle domeniche di piena austerity; mentre Bontà loro di Maurizio Costanzo arrivò l’anno seguente), si avverte una resistenza incomprensibile. E direi dolosa.

Un paio di anni fa, il grande Fiorello m’invitò al suo Viva RadioPlay e fu proprio lui a stupirsi del fatto che lo studio da dove trasmetteva in via Asiago si chiamasse in modo anonimo Sala A. Perché non intitolarla a “zio Luciano”, disse, rammentando il modo simpatico in cui lo aveva ribattezzato Melba Ruffo, poi seguita da tutti, ai tempi gloriosi del Tappeto volante su Tmc, di cui ero stato coautore. Era presente, ma evidentemente attonito o distratto da chissà cosa, il direttore di Radio Rai. Nelle sere successive, Fiorello proseguì nel salutare i telespettatori: «Buonasera, benvenuti, dalla Sala Luciano Rispoli di via Asiago in Roma!». Suonava bene. Bellissimo.

Lanci di agenzia e articoli appoggiarono l’iniziativa di Fiorello. E non sarebbe costato nulla all’ad Fabrizio Salini e al presidente Foa avallare la proposta. Dopo che si era fatto per un produttore come Bibi Ballandi o un collega più giovane, e per la verità meno inventivo di Rispoli, come Fabrizio Frizzi, non solo avrebbe dato il giusto riconoscimento ad un padre nobile della Radio e della Tv. L’intitolazione a Rispoli della Sala A avrebbe significato eternare un pezzo di storia aziendale di cui andare fieri. Ma si è sempre in tempo. Se Luciano Rispoli divenne popolarissimo su Rai1 negli anni Ottanta come divulgatore della lingua italiana grazie a Parola mia, dove giovani concorrenti vincevano enciclopedie e libri sfidandosi a colpi di definizioni, etimologie, conoscenza delle belle pagine della letteratura – trasmissione cult di enorme successo che schiere di italiani ricordano con nostalgia – è alla radio che, previo concorso pubblico, si fece notare per il genio e la spregiudicatezza.

Convinse Corrado a fare La Corrida, consentì ad Arbore e Boncompagni di andare in onda con la musica dei giovani inventando per loro il titolo Bandiera gialla (quella delle navi degli appestati), inaugurò la radio moderna ideando Chiamate Roma 3131. Un uso del telefono, poi mutuato dalla Tv, che consentiva l’accesso della gente comune in una trasmissione in diretta. Una gigantesca rivoluzione che avrebbe meritato una firma da parte dell’ad Salini. Solo una firma che, lo sappiamo, non è mai solo una firma. Bensì un doveroso atto di riconoscenza.