L'addio al giovane pugile, i familiari: "Mai più quello che stanno vivendo i genitori"
L’ultimo saluto a Gennaro, ammazzato nei vicoli della movida: “Siamo tutti colpevoli, basta uscire con i coltelli”
Oltre cinquecento persone, tra cui gli amici della Energy boxe Caserta team Coppola e gli scout del gruppo Agesci, per l’ultimo saluto a Gennaro Leone, il 18enne di San Marco Evangelista (Caserta) ucciso da un coetaneo il weekend scorso nelle stradine della movida di Caserta con una coltellata che gli ha reciso l’arteria femorale. Fiori e palloncini bianchi e magliette con la foto della giovane promessa del pugilato indossate da tantissimi amici presenti all’esterno della Chiesa dello Spirito Santo del piccolo comune alle porte di Caserta.
Lacrime e applausi hanno accompagnato il feretro di Gennaro lungo le strade di San Marco Evangelista, poi, una volta all’interno della chiesa, sulla bara è stato poggiato il completino da boxe del 18enne. Dopo la cerimonia, la bara bianca è stata portata in giro dagli amici, seguiti da un lungo corteo di persone. “Gennaro” e “Leone” le parole urlate più volte dai presenti, seguite poi da lunghi silenzi.
Commovente e allo stesso tempo duro il messaggio letto dai familiari: “Tutti dobbiamo fare in modo che nessun genitore si trovi nella posizione di Alberto e Pina (i genitori di Gennaro, ndr). Vogliamo giustizia, una pena esemplare senza sconti e benefici, solo così queste cose non accadranno più. Più forze dell’ordine e controlli. Vogliamo che l’ambulanza in centro a Caserta ci metta cinque minuti ad arrivare. Vogliamo che nelle scuole insegnino il valore della vita affinché i giovani non escano più di casa armati”.
“Vi preannuncio, anche se tra 30 giorni si vota, che ci costituiremo parte civile come Comune nel processo. E’ un atto dovuto perché ci sentiamo defraudati. Perché con violenza ci è stato sottratto un giovane della nostra comunità, una promessa del pugilato” commenta il sindaco di San Marco Evangelista Gabriele Cicala.
“Vogliamo accompagnare il nostro fratello Gennaro, un ragazzo sempre attento a tutti. La sua strada è stata brutalmente interrotta ma ci rincontreremo un giorno per indossare il foulard insieme” è il pensiero degli Scout che frequentava. Presente anche il vescovo di Caserta Pietro Lagnese. Nel corso dell’omelia, don Fernando Latino riprende un passaggio del vangelo secondo Luca (“Risurrezione del figlio della vedova di Nain”).
Le parole di Don Latino: “Siamo tutti colpevoli, appello ai giovani: basta coltelli in tasca”
“È morto un ragazzo e viene portato al cimitero. Stessa situazione che stiamo vivendo oggi. 18 anni compiuti da pochi giorni. Anche qui c è gente che piange. Ci sono gli amici, i coetanei, gli scout, tutta San Marco e i paesi vicini. Ci sono i nostri sacerdoti, il vescovo. C’è una comunità esterrefatta per quello che è accaduto. Il vangelo ci dice che Gesù che entra nella città di Nain nel vedere quel ragazzo portato alla tomba fu preso da una grande compassione. Non piangere disse. Vorremmo anche noi dire così a tutti: non piangete, ma rischieremmo di dire solo parole. Mai come in questi momenti le parole potrebbero non servire. Il silenzio sarebbe più efficace. Gennaro continua a vivere, non ha smesso”.
“Questa sera – prosegue il parroco – non si consuma la vita di Gennaro, non cala il sipario su di lui. Gennaro già vive con il signore. La nostra fede ci dice questo. Tutta la nostra vita è un andare verso questo abbraccio. Gesù ha avuto compassione di quella donna che piangeva. Ha sentito dentro lo stesso dolore, anche noi siamo qui per questo. Anche il vescovo è qui per questo. Per dire il Signore è vicino nei fatti. Il rischio che io vedo è quello di cadere in una duplice tentazione di fronte alla morte di questo ragazzo uscito un sabato sera con gli amici: di indicare il colpevole, puntare il dito, che certamente la giustizia farà il suo corso e ci dirà le responsabilità di ciò che è successo. Il colpevole però non è solo una persona. Sarebbe ipocrita crederlo. Non possiamo lavarci le mani come Pilato e dire che è colpevole e sarà affidato alle patrie galere. Il colpevole non è uno solo, siamo in tanti. Quando accadono cose come queste forse l’atteggiamento più giusto è domandarci se abbiamo fatto la nostra parte affinché cose come queste non accadano”.
“Per educare un figlio ci vuole un villaggio, è un proverbio africano. Se è vero questo, per vedere morire un giovane come Gennaro, ci vuole un villaggio. Possiamo dire questa sera “perdonaci signore” perdonaci se Gennaro è morto ucciso. Perdonaci perché forse dietro questa morte c è la responsabilità di tanti. Ed è per questo che questa sera più che indicare il colpevole ammettiamo che siamo noi tutti colpevoli perché non riusciamo a far appassionare alla vita i nostri giovani, costruendo un mondo fraterno e solidale in cui la parola egoismo e indifferenza non sono più degni di domicilio tra noi. Perdonaci se noi adulti non siamo capaci di fare alleanze per il bene dei ragazzi. Non abbiamo saputo mettere le ali ai sogni dei nostri ragazzi. L’altra tentazione è quella di pensare subito a quale sia la soluzione, sapere come si deve fare, che ci sia una ricetta. Ma le ricette sono frutto di un lavoro comune. Frutto di pazienza e impegno diurno. Gesù non parla, non fa discorsi: condivide. Forse sta proprio qui, nella capacità di avere compassione e farsi tutt’uno con chi soffre, la strada giusta. Gli antichi dicevano che il sangue dei martiri fa nascere nuovi cristiani: facciamo si che il sangue di Gennaro non sia caduto invano. Faccio appello soprattutto agli amici di Gennaro, a voi dico: il sangue di Gennaro possa far nascere nuovi giovani, che dicono no alla violenza, al bullismo, indifferenza, vendetta, risentimento, strumenti di morte, alla possibilità di camminare con un coltello in tasca. Non permettiamo se veramente gli avete voluto bene che il sangue di Gennaro sia versato invano. Il sabato sera a San Marco o Caserta, quando passerete per via Vico, ricordate che lì è morto Gennaro. E dite: signore aiutami a non permettere che cose come questa avvengano mai più. Che la morte di Gennaro sia seme per la nascita di giovani nuovi. Allora Gennaro già sarà risorto tra noi sapendo che per lui, per la sua resurrezione il signore è morto e ha dato la vita”.
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