Max Brabander è un ebreo polacco che ha fatto una gran fortuna in Argentina e che ora torna a Varsavia. Cosa cerchi, cos’abbia per la testa e gli rode l’anima non lo sa nemmeno lui. Ha i soldi ma non la gioventù, può tutto e non può niente, ha dei progetti ma poi se ne dimentica. Un tipo concreto ma come svagato, come ne esistono tanti. E che invecchia, come tutti, senza accorgersene, se non per il lato sessuale. Max Brabander è il gran personaggio de “Ritorno in via Krochmalna” di Isaac Bashevis Singer, il grande scrittore polacco che scrisse questo romanzo a New York nel 1967 e che adesso Adelphi ha mandato in libreria con la traduzione di Katia Bagnoli.

Chi conosce opere come “Il mago di Lublino”, “Ombre sull’Hudson”o il più affine a questo, “Keyla la Rossa”, sa bene che Isaac B. Singer (da non confondere con il fratello, il non meno grande Israel de “La famiglia Karnovsky”) è uno dei maestri della letteratura ebraica del Novecento per quel gusto misterioso che guida i suoi romanzi ovviamente condito dall’umorismo grottesco tipico di quella scuola: al fondo, c’è sempre l’enigma della vita, il mistero della morte. Dunque, Max Brabander si sistema al prestigioso hotel Bristol ma preferisce passare le giornate nel quartiere malfamato della gioventù dove alloggiano prostitute, protettori, ladri, nullafacenti e anche uno strano rabbino, padre di una ragazza meravigliosa di cui Max s’innamora: «Rimase a guardarla in via Krochmalna. Lei si girò lanciandogli uno sguardo pieno di timore e di amore. No, non aveva fatto questo viaggio invano. Era di nuovo un uomo. Una ragazza si era innamorata di lui ed era pronta a diventare sua moglie… una vergine, la casta figlia del rabbino. Tra le nuvole comparve uno spicchio di luna e Max inspirò profondamente. Ecco, la crisi era passata. Significava che c’è un Dio che protegge ognuno di noi?».

Ma Max Brabander è uno che s’innamora spesso, e dunque mai davvero. Poi s’invaghisce della terribile Reyzl: «Max ricavava piacere da quella tasca, eppure qualcosa in fondo al cuore lo turbava. Per quanto fosse corrotto, nascosto chissà dove in lui c’era un uomo onesto, un moralizzatore che lo terrorizzava con il pensiero del giorno della morte e dell’inferno che lo attendeva». Persino nell’ora del piacere, la morte è lì dietro, l’inferno è nella stanza accanto: è il pessimismo che origina dall’inizio del mondo. Tra liquori, sporcizia, tanfo di case diroccate e gente stramba, lui è un uomo solo, ha abbandonato la moglie dopo la morte del figlio, e, impotente, cerca una donna: ma quale? Girovagando tra le bettole di via Krochmania ne conosce diverse, differenti tra loro, ed ogni volta non comprende egli stesso cosa stia facendo, sempre con la sensazione di entrare in un ginepraio umano che non porterà nulla di buono.

Nella sua inconsapevole discesa agli inferi, gli capita quello che capita a tanti: di insistere su una strada che si sa essere sdrucciolevole e infida eppure non desistere, fino alla catastrofe finale. Max Brabander non è cattivo e non è nemmeno buono, è l’uomo privo di bussola che si sballotta di qua e di là credendo di avere il mondo in pugno mentre è il mondo ad avere in pugno lui.