L’attesa si fa sempre più pressante mentre il calendario della manovra di Bilancio entra nel vivo: gli emendamenti del governo dovrebbero arrivare in Commissione giovedì e, con ogni probabilità, i voti slitteranno al fine settimana. Una scansione che fotografa con chiarezza il momento: ci siamo davvero, e i tempi iniziano a stringere, imponendo al Parlamento di fare i conti con un provvedimento che deve ancora mostrarsi nei suoi dettagli. È la previsione del presidente della Commissione Bilancio, Nicola Calandrini, che esclude le votazioni per venerdì e indica nel weekend il momento utile per chiudere. “Sabato dovrebbero tenersi”, ha spiegato al termine di un Ufficio di presidenza. Una conferma che rende ancora più evidente come ogni ora conti e come il margine di manovra si faccia sempre più ridotto.

Prosegue così, con ritmo serrato ma con molti interrogativi, un percorso che si trova al centro dell’attesa dei sindacati del comparto Sicurezza e Difesa e di un dibattito politico che in Senato si è fatto improvvisamente più aspro. Tra riunioni convocate all’ultimo momento e un testo che ancora non arriva, il clima resta carico di aspettative e polemiche, nell’attesa di leggere – oltre i numeri – una Legge di Bilancio avvolta in un velato mistero. Ieri pomeriggio, a Palazzo Chigi, governo e sigle del comparto Sicurezza e Difesa sono tornati a sedersi allo stesso tavolo. All’incontro hanno partecipato il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri di primo piano, dall’Economia all’Interno, dalla Giustizia alla Difesa. Oltre alle questioni di settore, al centro c’è stata proprio la manovra con il suo impatto su stipendi e risorse; i diretti interessati – e non solo – chiedono certezze e considerano ogni rinvio un segnale di dubbio.

È questo dettaglio che ha fatto scattare la protesta dell’opposizione. Il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, ha denunciato ritardi e parlato di “umiliazione” per il Parlamento, chiedendo dove sia la manovra e temendo l’ennesimo maxitesto imposto all’ultimo minuto. Secondo Boccia, il governo appare più impegnato a litigare “per pochi spiccioli” che a costruire un provvedimento solido. A questa accusa, però, ha risposto con prontezza Antonio Tajani: il vicepremier ha assicurato che sui contenuti sono “tutti d’accordo” in maggioranza, e ha invitato ad attendere il maxiemendamento, ormai in fase di ultimazione e atteso in Aula a Palazzo Madama per lunedì.

Quanto alle voci di tensioni nel governo, il ministro degli Esteri ha ribadito l’armonia con Meloni e Salvini, tentando di affievolire ogni dubbio con un secco “ci incontriamo sempre”. Sulle specifiche è intervenuto anche il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo: “Le risorse sono quelle stanziate, la manovra deve chiudersi a 18,7 miliardi, questi sono i numeri”. E sulla tempistica ha lasciato intendere il senso della pressione: “Nei prossimi giorni, speriamo quanto prima, ormai siamo alle battute finali”.

In questo quadro, il provvedimento resta sospeso tra esigenze di trasparenza, richieste sociali e polemiche che si intensificano proprio quando il Parlamento dovrebbe iniziare il lavoro nel merito. Il Paese attende il testo, i sindacati chiedono risposte, l’opposizione alza il tono e il governo prova a tenere insieme uniformità e numeri. Nel breve termine, con l’arrivo del maxiemendamento e l’avvio dei lavori in Aula, si capirà se questo susseguirsi di ritardi potrà trovare una sintesi oppure se il confronto si farà ancora più acceso. Intanto il conto alla rovescia è aperto e, quando si parla di manovra, il tempo non aspetta davvero nessuno.

Carola Causarano

Autore