Sempre sulla cresta dell’onda, il lìder Maximo. Sempre fedele al motto suo e di Napoleone, “è capotavola dove mi siedo io”. Oggi poi che il faro è a oriente, dove volete che rispunti Massimo D’Alema? A Pechino. Ritorna a casa, a sguazzare nel consueto pentolone di terzomondismo, comando verticale e propaganda. Le reazioni più diffuse oscillano fra indignazione e ironia. Ma come, l’ex premier, l’ex capo della sinistra, l’ex bombardatore Nato di Belgrado. Oppure: il richiamo della foresta, il mandarino fra i mandarini che invita alla pace da un summit infarcito di dittatori, autocrati e invasori.

Ma c’è poco da scherzare. Sarà d’accordo anche lui: “La questione è politica, diciamo”. Il D’Alema con gli occhi a mandorla ci ricorda che la guerra fredda è finita, e non ha vinto l’Occidente. Per tre decenni, dal crollo del Muro, abbiamo prima coltivato l’illusione e poi dilapidato l’eredità. La “fine della Storia” di Fukuyama era in realtà il nuovo inizio di un’altra sfida, con soggetti e metodi diversi. La collana degli errori è stata sgranata fino in fondo. Ormai l’America di Trump, velleitaria e auto-isolata dal mondo, è un gigante assediato. L’Europa un debole e diviso recinto liberale.

Massimo D’Alema è l’emblema di una corrosione interna che dura da sempre, perché si nutre di una profonda ostilità al liberal-capitalismo. Ha agito con l’ideologia dell’ex Pci finché ha potuto, soffiando sul fuoco delle scorciatoie giustizialiste nel resto del suo tempo politico. Con la presenza al vertice che apre ufficialmente la guerra all’Occidente, finalizza il suo cammino. E rappresenta magistralmente la corrente di amici del giaguaro che mina la reazione europea dal versante sinistro. In Europa ci sono leader come Melenchon o Corbyn, in Italia il fiume carsico attraversa i 5 Stelle, la sinistra estrema e buona parte del Pd. A queste forze di sabotaggio europeo fanno da sponda gli agguerriti partner della destra. Putiniani in servizio permanente effettivo, che nel governo italiano sono per fortuna arginati dal partito di Giorgia Meloni e da Forza Italia.

In Europa, invece, dilagano e mettono alle corde i governi inglese, francese, tedesco. Sono tutti pagati da Mosca? Non è importante. Servono a indebolire ogni proposito di riscossa delle democrazie, e vengono animati dal pacifismo a senso unico, da campagne social drogate dai troll e dalle veline che finiscono in paginate della serie “arrendetevi, siete circondati” (copyright Marco Travaglio).

Al primo comunista a Palazzo Chigi (e ultimo a Pechino) va quindi il nostro grazie. Ha abbandonato ogni tatticismo. La “sua” sinistra ha rotto gli argini, e lui, da skipper internazionale qual è, la guida felicemente verso est. Chissà Massimo cosa ne pensa di Putin, il perdente dal grande appeal geopolitico, che oggi manda a Zelensky la tripla provocazione: puoi entrare nell’Unione ma non nella Nato, le garanzie di sicurezza te le do io con i cinesi, se vuoi parlarne vieni a Mosca. È questa la pace dei cimiteri che certa sinistra e certa destra vogliono imporre all’Europa?