Ribaltone a Milano nel processo nei confronti degli ex top manager di banca Monte dei Paschi di Siena. La Corte d’Appello del capoluogo lombardo ha assolto ieri con formula piena tutti gli imputati. Il procedimento riguardava i derivati ‘Santorini’ ed ‘Alexandria’, sottoscritti da Mps con Deutsche Bank e la giapponese Nomura e che, secondo i pm, sarebbero serviti a nascondere la disastrata situazione finanziaria della banca senese e in particolare le perdite, circa 10 miliardi, causate dall’operazione di acquisto di banca Antonveneta.

In primo grado, nel 2019, il tribunale di Milano, fra gli altri, aveva condannato a 7 anni e mezzo di carcere l’ex presidente Mps, nonché ex numero uno dell’Abi, Giuseppe Mussari, a 7 anni e 3 mesi l’ex direttore generale Antonio Vigni, a 4 anni e 8 mesi l’ex responsabile area finanza Gian Luca Baldassarri. Per loro l’accusa era di manipolazione del mercato, falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all’autorità di vigilanza. Le presunte irregolarità sarebbero state commesse tra il 2008 ed il 2012.
L’indagine divenne di pubblico dominio a gennaio del 2013 quando il Fatto Quotidiano pubblicò in prima pagina un articolo dal titolo: “Monte dei Paschi, accordo segreto tra Mussari e Nomura per truccare i conti. Trovato in una cassaforte il patto tra l’ex presidente di Mps e la banca giapponese”.

Nell’articolo veniva raccontata con dovizia di particolari l’attività della Procura di Siena per far luce su questo ‘patto’ finalizzato a far sparire dal bilancio della banca un buco di almeno 220 milioni di euro. Il fascicolo era in carico ad Aldo Nicolini e Antonino Nastasi, gli stessi pm che poi indagheranno sulla morte dell’ex responsabile comunicazione della banca di Rocca Salimbeni David Rossi. La vicenda penale venne cavalcata dalla grande stampa e dai vertici del Movimento cinque stelle. Beppe Grillo arrivò anche presentarsi l’anno dopo a Siena all’assemblea straordinaria degli azionisti. “Questa è la mafia del capitalismo, non la Sicilia”, disse Grillo. “Qui siamo nel cuore della peste rossa e del voto di scambio”, aveva poi aggiunto, sottolineando che Mussari fosse una persona che “non era capace nemmeno di fare un bonifico”. Grillo mise nel mirino il Pd con cui era sfumato l’accordo di governo: “Banca Monte dei Paschi è stata distrutta, dentro c’era tutto il Pd. Allora bisogna prendere tutti i vertici del Pd, dal 2005 ad oggi e processarli”.

Il sostituto procuratore generale di Milano, Gemma Gualdi, nella sua requisitoria aveva chiesto di confermare tutte le condanne emesse in primo grado, tenendo però conto dell’intervenuta prescrizione per una serie di capi d’imputazione. Ridotta di 14 mesi rispetto alla condanna di primo grado, ad esempio, la richiesta per Mussari.
Tutti gli imputati hanno sempre respinto ogni addebito, sostenendo che nulla fu occultato delle operazioni e nessun trucco contabile era stato utilizzato. E questo perché i principi e le linee guida contabili su come registrare le operazione erano perfettamente conformi a quanto prescritto dalla Banca d’Italia, in quel periodo governata dall’attuale premier Mario Draghi, che non aveva mai evidenziato criticità di alcun tipo.

“Va assolto da tutte le accuse”, aveva affermato il difensore dell’ex numero uno della banca senese, l’avvocato Tullio Padovani al termine dell’arringa nel corso della quale aveva evidenziato “che Mussari era servito come un facile bersaglio da erigere a responsabile di un evento catastrofico”. Oltre ad assolvere tutti gli imputati, la Corte d’Appello ha anche annullato le varie maxi confische che era state disposte con la sentenza di primo grado. Le parti civili erano circa 1400, rappresentate da oltre 90 legali. Tra queste non figurava la Fondazione Mps che aveva raggiunto un accordo stragiudiziale con Rocca Salimbeni per 150 milioni di euro, ritirando così la costituzione di parte civile. Per le motivazioni della sentenza bisognerà attendere novanta giorni.