Il dibattito sul film
Natale in casa Cupiello e la lezione di Eduardo: Napoli non può essere abbandonata
Prima si sono divisi sull’origine del virus, poi sulle misure di contenimento del contagio adottate dai vari livelli istituzionali. Ora a “spaccare” gli italiani – dunque non solo i napoletani – è l’adattamento televisivo di Natale in casa Cupiello andato in scena martedì sera su Rai Uno. Nemmeno il tempo di spegnere la tv che il pubblico si è diviso tra chi ritiene la versione firmata da Edoardo De Angelis fedele all’originale e chi, invece, la bolla come un’improbabile scimmiottatura del capolavoro messo in scena per la prima volta da Eduardo De Filippo nel 1931.
Al netto delle esternazioni di questa o di quella tifoseria, però, sarebbe il caso di ragionare sui numeri. E i numeri dicono che ben cinque milioni e 636mila spettatori si sono sintonizzati martedì sera su Rai Uno, che la versione televisiva della commedia di Eduardo ha fatto registrare quasi il 24% di share e ha praticamente azzerato la concorrenza, con i vertici di La7 che non hanno esitato a sacrificare una trasmissione di punta della loro programmazione come Di martedì.
Tutto ciò che cosa vuole dire? Che il lavoro di De Angelis e l’interpretazione offerta da Sergio Castellitto si sono rivelati un successo, certo. Ma soprattutto che la Napoli descritta da De Filippo, con il suo bagaglio di tradizioni e di contraddizioni, rappresenta ancora un pezzo fondamentale del patrimonio culturale e identitario non solo della Campania e del Mezzogiorno, ma di tutto il Paese. È difficile trovare, al giorno d’oggi, un’opera teatrale capace di attrarre, incuriosire e far discutere a distanza di quasi 90 anni dalla sua prima messa in scena.
Dal 1931 a oggi Napoli e l’Italia sono profondamente cambiate anche e soprattutto per quanto riguarda alcuni dei temi principali trattati in Natale in casa Cupiello. Basti pensare alla famiglia tradizionale, il cui concetto e la cui percezione sono profondamente mutati in seguito al referendum sul divorzio del 1974, alla riforma del 1975 e all’introduzione delle unioni civili nel 2016. Eppure Natale in casa Cupiello riesce a catalizzare l’attenzione del pubblico dimostrandosi ancora estremamente attuale. E se l’adattamento televisivo della commedia è riuscito in questa non facile impresa è sostanzialmente per due motivi.
Il primo: Napoli è da sempre l’avanguardia del dibattito su temi cruciali come tradizione e famiglia, ruolo della borghesia e dinamiche sociali.
Il secondo: nessuno come Eduardo De Filippo, forse nemmeno Luigi Pirandello, è stato capace di calare certi valori nella realtà popolare dell’intera nazione.
Napoli, dunque, è e resta un punto di riferimento imprescindibile per l’Italia, quantomeno sotto il profilo culturale e artistico. E una città simile non può essere abbandonata a se stessa. Ha bisogno di una classe dirigente che alimenti il suo estro, esalti la sua sensibilità, valorizzi la sua genialità e alimenti la sua linfa vitale. Tutto ciò che purtroppo è mancato negli ultimi anni.
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