L'omicidio irrisolto della segretaria di Chiavari
“Non ho ucciso Nada Cella, fatemi l’esame del Dna”, Annalucia Cecere si difende dopo la riapertura del cold case
È tornato caldissimo il cold case di Nada Cella: 25 anni, segretaria, massacrata nello studio del commercialista dove lavorava a Chiavari, Genova. Era il 1996. Principale indiziata e indagata è Annalucia Cecere. Movente: gelosia, del commercialista Marco Soracco. O almeno in questi termini il caso è stato riaperto dopo le indagini di una criminologa, Antonella Pesce Delfino, tecnico all’Università di Bari, per la tesi di un Master all’Università di Genova. “Io con quella storia non c’entro nulla”, ha detto Cecere a Il Corriere della Sera.
La donna oggi vive a Cuneo, ha 53 anni. Da giorni respinge ogni accusa. I pm l’hanno convocata lo scorso luglio in Procura a Genova per sentirla come persona informata e per notificarle un avviso di garanzia con l’accusa di omicidio. “Fatemi pure il Dna, fate gli accertamenti che volete, non ho nulla a che vedere con quella ragazza. Non ho niente da nascondere”.
All’epoca della tragedia Cecere aveva 28 anni. Venne sospettata e indagata ma per soli pochi giorni. Due testimoni nei pressi dell’ufficio avevano detto ai carabinieri di averla vista la mattina del delitto. La donna si trasferì poco dopo a Boves, in provincia di Cuneo. Insegnante. Ha conosciuto e sposato Lorenzo, imprenditore, con il quale ha avuto un figlio.
“I magistrati le hanno chiesto cose di 25 anni fa, come faceva a ricordare? E il commercialista Soracco lo conosceva di vista, come un po’ tutti a Chiavari. Poi le hanno dato l’avviso di garanzia — ha raccontato il marito a Il Corriere della Sera — Da quel momento non abbiamo più saputo nulla e adesso tutto questo: il nome di mia moglie è ovunque. Ditemi se è normale? Lasciamo che la giustizia faccia il suo corso. Sono il primo a dire che se è colpevole è giusto che vada in galera. Ma lei non ha fatto nulla”.
Cecere è di nuovo su tutti i giornali. Il marito smentisce anche la voce secondo la quale la moglie sarebbe stata allontanata da una scuola per provvedimenti disciplinari: si era licenziata, dice l’uomo. La donna oggi “è turbata, ci sta male. Tutto quello di cui si parla adesso era già emerso allora, compresi i due testimoni. Che oggi, però, sono credibili. Non sappiamo che cosa sia cambiato. A chi faccia comodo tutto questo”.
Quello che è cambiato, dopo mesi di interrogatori della pm Gabriella Dotto e degli agenti della Squadra Mobile di Stefano Signoretti, sono principalmente gli elementi di dna maschili e femminili ritrovati sulla camicetta di Nada e sulla sedia dello studio dove fu massacrata. E che saranno analizzati da Emiliano Giardina, il genetista che arrivò all’“Ignoto 1” nel caso di Yara Gambirasio.
Iscritti nel registro degli indagati anche Marco Soracco, il commercialista, e sua madre Marisa Bacchioni. Per false dichiarazioni. L’arma del delitto non è mai stata ritrovata. Secondo l’accusa la donna si era invaghita del commercialista dopo averlo conosciuto a un corso di ballo e incrociato in discoteca. Soracco è sempre stato prosciolto per l’omicidio. Per la criminologa Cecere nel caso “testimonianze e prove sono state clamorosamente sottovalutate” e non solo per incompetenza ma per “un brutto clima tra Procura di Chiavari e forze dell’ordine”. Gli esami faranno chiarezza.
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