Politica
Nuova Forza Italia, anime diverse senza fratture. E in Lombardia la novità è ancora Silvio Berlusconi
Era il 16 maggio 2022 quando alla Fiera di Treviglio, davanti a millecinquecento persone assiepate tra i tavoloni di legno come a una festa popolare, Silvio Berlusconi fece il suo ingresso a sorpresa. Non era un comizio qualunque.
Il mandato a Sorte: ricostruire Forza Italia
Il Cavaliere aveva voluto partecipare alla kermesse organizzata da Alessandro Sorte, il giovane deputato bergamasco che lo aveva convinto a ripartire proprio da quella Bassa lombarda dove il partito sembrava essersi smarrito. Un anno dopo Berlusconi gli affidò un mandato preciso: riorganizzare Forza Italia in Lombardia, riportarla in doppia cifra, ricostruire la grande casa dei moderati. Oggi, mentre a Roma si discute di correnti, nuovi corsi e manifesti liberal-europeisti, la Lombardia offre una risposta concreta a chi cerca il futuro di Forza Italia. E la risposta è paradossale nella sua semplicità: qui il nuovo corso c’è sempre stato, perché la visione federativa del fondatore non ha mai smesso di funzionare.
Il cambio rotta di Forza Italia
I numeri parlano chiaro. Alle europee del 2024 il partito ha sfiorato il 10% in regione, al Pirellone i consiglieri sono passati da sei a dieci; a Milano da due a quattro. I tesseramenti hanno toccato quota 43mila. Alla cena di Natale quasi duemila persone hanno pagato quaranta euro per esserci. Non è solo organizzazione: è voto di opinione che torna, è classe dirigente che si allarga. La riorganizzazione voluta da Sorte ha seguito una regola semplice: porte aperte e tutti in competizione. Il risultato è un partito che tiene insieme anime diverse senza fratture. C’è Letizia Moratti, oggi europarlamentare con oltre quarantamila preferenze. C’è Gabriele Albertini, l’ex sindaco che rappresenta la Milano moderata. C’è Marco Reguzzoni, ex leghista doc che ha portato con sé il voto storico di Umberto Bossi. C’è l’anima liberal interpretata da Giulio Gallera e quella popolare-cattolica rappresentata da Massimiliano Salini. C’è la componete socialista di Gianluca Comazzi.
La sintesi lombarda si misura anche nell’autonomia politica rispetto agli alleati. A Palazzo Marino, sulla vendita di San Siro a Inter e Milan, Forza Italia ha scelto di non ostacolare la delibera privilegiando lo sviluppo della città, mentre Lega e Fratelli d’Italia votavano contro. Al Pirellone, quando si è discussa una mozione sull’obbligo vaccinale contro il virus sinciziale nei neonati, gli azzurri hanno tenuto la posizione mentre gli alleati si astenevano per quelle che il consigliere Jonathan Lobati ha definito “aderenze al mondo no-vax”. Non incidenti di percorso, ma scelte di campo: quelle di un partito che rivendica di essere “alternativo alle due destre”, conservatrice e sovranista, senza per questo cedere alle sinistre.
È in questo quadro che vanno lette le parole di Marina Berlusconi su Europa, diritti civili e vocazione liberale. Non come il segnale di una rottura imminente, ma come la conferma che l’imprinting del padre resta attuale. In Lombardia quelle istanze trovano già spazio nella prassi quotidiana di un partito che dialoga con i moderati di ogni provenienza, che guarda al Partito Popolare Europeo come bussola naturale, che non teme di distinguersi dagli alleati quando serve. La vera eredità di Silvio Berlusconi, in fondo, è proprio questa capacità di tenere insieme senza omologare, di competere dentro la coalizione senza romperla. Mentre altrove si cercano nuove formule, qui la formula c’è già. E funziona.
© Riproduzione riservata







