È il 2004, Gelsomina Verde viene torturata e uccisa a 21 anni perché “colpevole” di aver avuto una relazione in passato con uno dei boss della camorra, all’epoca dei fatti al centro della prima faida di Secondigliano.
Francesco, dall’omicidio di tua sorella, Scampia è cambiata?
«La criminalità organizzata non è la stessa, si sono ridimensionati molto e dopo quel delitto atroce le coscienze si sono svegliate e le associazioni con il benestare della gente si sono fatte sentire».
E lo Stato?
«Lo Stato è assolutamente assente. Tante persone si avvicinano alla criminalità organizzata proprio perché lo Stato è assente e non offre alternative. Le associazioni fanno moltissimo nei territori difficili ma non riescono a offrire ai ragazzi sbocchi lavorativi. Questi ragazzi non credono nel futuro».
Tu oggi fai l’attore, la cattiva strada l’hai conosciuta e hai deciso di viaggiare in un’altra direzione. Aiuti i ragazzi “a rischio”?
«Sì, cerco di coinvolgerli sperando di avvicinarli all’arte. Li propongo come comparse, li presento ai registi, agli attori, sperando che vengano attirati da questo lavoro e non dalla strada. Anche se riesco a salvarne uno, appresenta la speranza per resistere e non mollare».
All’epoca dei fatti la vostra famiglia accettò un risarcimento e scoppiò la polemica…
«Sì e in quel gesto c’è un’unica spiegazione: dopo l’omicidio di mia sorella, lo Stato ci lasciò completamenti soli. I miei genitori furono gli unici a costituirsi parte civile e a infrangere quel muro di omertà. A cinque anni dalla morte di Gelsomina e dall’inizio del processo, nessuno propose ai miei genitori un aiuto, una protezione. A un certo punto si arresero e decisero di accettare il risarcimento. Faceva comodo a tutti che la mia famiglia portasse avanti una battaglia contro la camorra, ma tutti gli altri non facevano nulla per supportarli».
L’omertà è anche una conseguenza di uno Stato assente?
«Sì, le persone non si sentono protette dalle istituzioni».
Hai mai incontrato i killer di Gelsomina?
«No. Ho incontrato per caso una persona che era presente durante l’omicidio di mia sorella. Non fu lui a ucciderla, ma c’era».
Lo hai perdonato?
«Non gli ho mai detto chiaramente “ti perdono” ma gli ho sorriso, infondo è come se glielo avessi detto. Non provo più rabbia. Non so se si può definire perdono. Tanti altri li ho incontrati per caso e mi ci sono scontrato. Mica lo Stato si preoccupa del fatto che io possa incontrarli ogni giorno, non gliene frega nulla. Domani ne ammazzeranno un altro e tutti gli altri verranno dimenticati. Mia sorella è morta nel 2004 e solo nel 2011 è stata ricordata per la prima volta e questo dovrebbe far riflettere».
LA GIORNATA IN MEMORIA DELLE VITTIME INNOCENTI DI MAFIA
Ieri mattina studenti e studentesse, ma non solo, da tutta Italia sono scesi in piazza a Napoli, per il corteo organizzato dall’associazione di Don Ciotti, “Libera”, contro le mafie in occasione della XXVII giornata di memoria e impegno per le vittime innocenti di mafia. A piazza Municipio si sono uniti alla manifestazione, tra gli altri, il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. A guidare il corteo, che quest’anno ha avuto come slogan “Terra mia. Coltura-Cultura”, una bandiera con il simbolo arcobaleno della pace. Dal palco montato in piazza del Plebiscito, dove sono stati pronunciati i nomi delle 1.055 vittime innocenti della criminalità, è stato letto anche un messaggio del Capo dello Stato Sergio Mattarella «Desidero esprimere la mia vicinanza a quanti si ritroveranno nella manifestazione nazionale a Napoli e nelle altre piazze italiane per ripetere gesti insieme semplici e esemplari. Crescita civile e affermazione dei diritti si affermano con il consolidarsi della partecipazione dei cittadini».
