Molti indizi ma nessuna prova. Così i giudici della Corte d’Assise di Cassino hanno ‘giustificato’ nelle loro motivazioni l’assoluzione dei cinque imputati per la morte di Serena Mollicone, la studentessa 18enne di Arce (Frosinone) uccisa e poi abbandonata in un bosco il primo giugno del 2001.

Il 5 luglio dello scorso anno i giudici hanno assolto tutti gli imputati: Franco Mottola, ex maresciallo della caserma dei carabinieri di Arce, la moglie Anna Maria ed il figlio Marco, tutti originari di Teano (Caserta), oltre ai carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano che erano in servizio il giorno in cui la studentessa fu uccisa.

Quatrale, all’epoca vice maresciallo, e l’appuntato Suprano, erano accusati rispettivamente di concorso esterno in omicidio e favoreggiamento.

Nelle 236 pagine di motivazioni si legge che “gli esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata”. Per i giudici d’Assise “numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da sufficiente e convincente compendio probatorio”.

Insomma, nei confronti dei cinque imputati ci sono molti indizi ma nessuna prova. Non a caso i giudici rimarcano che nell’istruttoria dibattimentale siano emersi “consistenti e gravi elementi indiziari nei quali si deve necessariamente desumere l’implicazione nella commissione del delitto in esame di soggetti terzi, che sono rimasti ignoti”.

Il riferimento a sconosciuti mai indagati è relativo in particolare al rinvenimento di “impronte dattiloscopiche all’interno dei nastri adesivi che legavano le mani e le gambe di Serena, impronte ritenute utili per l’identificazione e che non appartengono agli imputati”.

I giudici hanno poi smontato anche la tesi dei presunti, e a questo punto inesistenti, depistaggi dell’inchiesta da parte del maresciallo Franco Mottola “in sede di prime indagini”. Per i giudici di Cassino “sono emerse delle prove che si pongono in termini contrastanti rispetto alla ricostruzione dei fatti da parte della pubblica accusa” e alcuni tasselli sostenuti dalla Procura “si sono rivelati inconsistenti” e “sono emersi degli elementi a discarico dei singoli imputati“.

Redazione

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