Abbiamo raggiunto al telefono Lion Udler, ex ufficiale militare antiterrorismo, esperto di sicurezza, studioso di geopolitica, per parlare della nuova operazione militare che Israele sta preparando a Gaza.

Di quanto territorio stiamo parlando?
«Il territorio che l’IDF dovrebbe ispezionare e pulire dai terroristi sono Gaza City e i Campi Centrali, come Deir Al Balah, che a oggi non sono stati toccati: si tratta di circa 10%-15% della Striscia di Gaza, considerando che l’esercito israeliano ha dichiarato il controllo di circa il 75%, escludendo la zona umanitaria di Al Mawasi tra Rafah e Khan Yunis».

Che obiettivi militari si intendono concretamente ottenere?
«Gli obiettivi militari in questa fase fanno riferimento agli stessi della guerra: liberazione degli ostaggi e smantellamento dell’organizzazione terroristica di Hamas. Un altro obbiettivo è fare pressione militare per costringere Hamas ad accettare un accordo di scambio degli ostaggi: in tal caso Israele si fermerà per consentire lo scambio».

Che difficoltà si potranno incontrare?
«Le difficoltà nella nuova fase sono simili a quelle precedenti con in più la presenza di ostaggi nel territorio che si va ad affrontare; operare nelle vicinanze degli ostaggi mette a rischio gli ostaggi stessi e i militari delle unità speciali che eventualmente dovranno intervenire per liberarli. Un’altra difficoltà è la distribuzione degli aiuti umanitari, i civili che bisogna evacuare da Gaza City e dai campi centrali e fornir loro assistenza».

Quanti abitanti civili sono presenti in questa zona?
«È impossibile quantificare il numero di persone presenti nella zona poiché in passato ne sono già state evacuate, e alcune sono tornate. In ogni modo, l’IDF si prepara all’evacuazione di circa 600,000 palestinesi, un numero appositamente maggiorato per prepararsi in meglio».

Quanti terroristi saranno presenti?
«Anche il numero dei terroristi è impossibile quantificare in questa fase; bisogna considerare che una parte di loro sceglierà di scappare, come successo in altre zone durante la guerra: sicuramente si tratta di qualche migliaio di armati tra il Battaglione di Gaza City e le Compagnie dei Campi Centrali».

Quante possibilità ci sono di recuperare gli ostaggi ancora in vita e con quali mezzi?
«La migliore possibilità per liberare gli ostaggi ancora in vita è con un accordo, che negli ultimi due mesi Israele ha cercato di ottenere ma Hamas ha sempre rifiutato. Il rifiuto di Hamas deriva dal fatto che gli ostaggi sono per loro una garanzia. In effetti l’esercito israeliano non ha mai operato in alcune zone proprio a causa della presenza degli ostaggi; anche in questa fase Israele cercherà di ottenere un accordo, facendo pressione militare a Gaza City e dintorni, e non cercherà di liberare gli ostaggi a meno che secondo le informazioni di intelligence sia possibile considerando i rischi. Il salvataggio e la liberazione degli ostaggi con la forza è una possibilità che esiste con l’intervento delle unità speciali di antiterrorismo, ma sarà l’ultima soluzione che Israele cercherà di effettuare, a meno che in casi specifici ci sia la convinzione di poter effettuare l’operazione con sicurezza relativa, prendendo in considerazione che il rischio zero non esiste».

Dopo che ne sarà dell’area, dei civili, come verrà mantenuta la sicurezza e il controllo militare?
«L’obiettivo dello Stato d’Israele è porre fine al regime terroristico di Hamas, e di qualunque regime la cui aspirazione sia l’annientamento di Israele. In Israele si pensa a un governo dei Paesi arabi che riconoscono Israele e non hanno l’aspirazione di annientarlo. L’esercito israeliano rimarrà per sempre nel perimetro di sicurezza che copre circa il 30% del territorio della Striscia di Gaza; inoltre, l’esercito manterrà sempre la responsabilità sulla sicurezza al suo interno, e opererà in qualunque luogo per smantellare qualsiasi attività terroristica, come avviene attualmente in Giudea e Samaria dove l’amministrazione è dell’autorità palestinese, ma l’IDF ha la responsabilità sulla sicurezza e di fatto opera nei territori palestinesi ogni volta che ci sia il bisogno».