Quando Leone XIV è apparso sulla Loggia delle benedizioni per la prima volta, la domanda che tutti si sono posti è stata: sarà un Papa conservatore o un Papa progressista? E ancora, seguirà o meno le orme di Francesco? Condurrà la Chiesa in linea con i tempi o contro i tempi? Aprirà la Chiesa al mondo nuovo? Tutte domande errate e poste nel modo sbagliato.

Domande che peccano di un difetto originario che ritrae perfettamente la condizione dei tempi che noi oggi viviamo, e in cui è tale la presa materiale della secolarizzazione che tutto ciò che sembra distaccarvisi finisce per risultare estraneo al mondo, in quanto superato. Tutto oggi deve seguire un copione unico, nei modi come nella cadenza temporale delle cose. Una frenesia che non trova alcuna assonanza né con il Cristianesimo né con il compito della Chiesa come forza evangelizzatrice. Per questo, aspettarsi che il Sommo Pontefice rispetti questo copione significa ipotizzare che il Papa non faccia più il Papa, ma finisca per secolarizzarsi a tal punto da rispondere alle pressioni frutto degli impulsi di una parte del suo “gregge”.

Di più: sul piano teologico-politico, oggi viviamo un’Europa in profonda crisi, secolarizzata culturalmente e scristianizzata politicamente sotto la falsa bandiera del multiculturalismo. Questo produce una triste quanto visibile difficoltà a inquadrare il ruolo del Papa, che prima di essere politico è appunto spirituale. Connesso al ruolo che non gli uomini, ma Cristo ha impresso alla “sua” Chiesa nel momento stesso in cui l’ha edificata. Ed è in questo che Papa Leone XIV ha sorpreso il mondo, perché ha scelto sin dal primo momento di non piegarsi alle logiche del nostro tempo, seguitando nel suo dovere primario: quello di essere guida spirituale e pastore d’anime prima.

Un ritorno alla predicazione e alla dimensione spirituale che passa inevitabilmente attraverso una rinascita della tradizione non come ostacolo alla modernità, ma appunto come faro che illumina nella navigazione notturna e perigliosa il cristiano. Tornare a parlare di Cristo e di quel ruolo salvifico che è stato affidato alla Chiesa e che non può essere compiuto inseguendo i tempi, “l’io” e le “voglie”, ma che risiede in quello che Papa Benedetto XVI definì “la misura del vero Umanesimo”. Ed è questa la sfida che Papa Leone XIV ha fatto sua. Una sfida complessa, certo, ma anche necessaria per l’intera cristianità.

Ricucire le ferite interne, ritrovare l’unità per affrontare il mare in tempesta è l’unico strumento preliminarmente determinante e visibile nella profonda crisi spirituale che investe l’Europa. Europa che negli ultimi anni era stata abbandonata e lasciata a sé stessa, perché considerata perduta da una Chiesa che ha guardato non spiritualmente ma politicamente alle periferie. Quando per la Chiesa – e ancor di più per una robusta opera di evangelizzazione – la difesa dell’Europa è cruciale, quanto obbligata. Papa Leone XIV, nel suo essere figlio dell’Occidente, ha compreso l’indissolubile legame che sussiste tra Europa e cristianità, tracciando una rotta nuova, che nella realtà materiale dell’oggi può sembrare ad alcuni come una nota stonata, ma che al contrario è il suono melodioso di uno strumento che – nuovamente accordato – ha ritrovato sé stesso e il suo ruolo unico nel mondo.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.