Politica
Perché il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera storica per l’Italia: una risorsa strategica per l’economia e la difesa dello Stato
Il governo Monti aveva accantonato l’iter progettuale, l’attuale esecutivo ha deciso di riaccenderlo
Devo dare atto all’attuale governo, all’attuale Parlamento e al Ministro Matteo Salvini di aver ridato ruolo e funzione ad un progetto che rischiava di rimanere solo una grande intuizione progettuale, solo una grande esigenza del nostro Paese e della intera Unione europea ma, ripeto, solo un obiettivo da perseguire. Questo governo e il Ministro Salvini hanno dato vita a cinque passaggi, attraverso cui si evince la correttezza dell’itinerario seguito:
Innanzitutto nel 2022, dopo essersi appena insediato, il governo Meloni ha inserito nella Legge di Stabilità 2023 la norma che ha restituito vita alla Società dello Stretto, riaccendendo un iter che il governo Monti, nel 2011, aveva spento in modo definitivo. Poi, nel marzo del 2023, il governo ha varato un decreto legge. Con questo si è dato concreto avvio alle attività attraverso cui consentire l’avvio delle fasi necessarie per definire l’iter procedurale autorizzativo dell’opera. In terzo luogo, nell’ottobre 2023, è stata inserita nel disegno di legge di Stabilità 2024 la copertura finanziaria dell’intero intervento, per un importo di 13.500 milioni di euro. L’intero 2024 è stato dedicato essenzialmente alla definizione e alla contestuale conclusione dell’articolato sistema procedurale relativo alla Valutazione di Impatto Ambientale e al continuo confronto della Società Stretto di Messina con gli Enti locali e con gli Uffici competenti dell’Unione Europea.
Infine, negli scorsi mesi, si sono ottenuti due ulteriori riconoscimenti di grande rilevanza: la riconferma dell’opera da parte dell’Unione Europea all’interno delle Reti Trans European Network (TEN – T), quindi supportata da adeguato contributo comunitario in quanto comparabile ad uno degli anelli mancanti che danno continuità alle reti stradali e ferroviarie, cioè come il tunnel del Brennero e come quello Trono–Lione. E poi Il governo, poche settimane fa, ha assunto una decisone in cui si ribadisce: “il Ponte è un’opera militare strategica nell’ottica della difesa europea e della NATO, fondamentale nel caso di scenari di guerra per il passaggio di truppe e mezzi e per questo l’opera è prevalente per l’interesse pubblico”.
Il Presidente del Consiglio Meloni e il Ministro Salvini hanno quindi chiesto alla Von der Leyen di inserire l’opera nel “Military mobility action plan”, il Piano di difesa approvato dalla Commissione lo scorso anno. Il Ponte, precisa sempre la nota del Governo, si inserirebbe perfettamente in questa strategia fornendo una infrastruttura chiave per il trasferimento delle forze NATO dal Nord Europa verso il Mediterraneo. Ritengo utile ricordare che queste precisazioni dell’attuale Governo confermano che la NATO aveva seguito l’iter progettuale dell’opera sin dall’inizio. Questi passaggi denunciano, in modo inequivocabile, il raggiungimento di un punto di non ritorno e, al tempo stesso, testimoniano quanto nel nostro Paese sia difficile, a volte impossibile, trasformare un’intuizione progettuale in opera progettuale pronta per essere realizzata. L’opera, infatti, era inserita formalmente nel Piano delle Infrastrutture Strategiche della Legge Obiettivo approvato il 21 dicembre del 2001, cioè 24 anni fa.
Oggi, finalmente, siamo entrati nella fase della concretezza e della irreversibilità decisionale. In questa occasione, che senza dubbio è da considerarsi storica, ricordiamo a coloro che hanno ostacolato da sempre questa opera che il nostro Paese possiede una particolare peculiarità: in ogni realizzazione di grandi infrastrutture si formano schieramenti contrari che gestiscono il dissenso per costruire Movimenti politici, ne sono un esempio la Rete Ferroviaria ad Alta Velocità, la linea ferroviaria ad alta velocità Torino – Lione, la Trans Adriatic Pipeline (TAP). Questa contrarietà non è solo di schieramenti privi di storia politica come il Movimento 5 Stelle ma anche dello stesso Partito Democratico, ricordiamoci che in passato questo Partito è stato contrario addirittura anche alla nuova rete ferroviaria ad alta velocità.
Ebbene, tento oggi di dare un consiglio a questi schieramenti contrari all’opera: ormai la battaglia è persa e d’ora in poi, dopo l’approvazione del CIPES, svolgano un ruolo di controllo attento e capillare sull’avanzamento concreto dell’opera. In Italia spesso alla approvazione di un’opera non segue un reale e misurabile rispetto delle cadenze temporali previste per la realizzazione dell’opera stessa. Seguano, quindi, le fasi di avvio e quelle realizzative e denuncino i rallentamenti. Questo ruolo sono sicuro darebbe loro un merito: una felice riscoperta della coscienza di Stato.
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