Perché Trump ha scelto i dazi, al via la riffa delle tariffe ma le previsioni indicano lacrime e sangue per gli americani

President Donald Trump speaks to reporters before signing an executive order in the Oval Office of the White House in Washington, Monday, March 31, 2025. (Pool via AP)

Alla riffa delle tariffe ieri sera alla Casa Bianca, Donald Trump celebrava il suo rito più amato: l’emissione dei dazi doganali sui prodotti esteri che secondo lui, dopo una prima mazzata sull’economia che già si sente in tutti i settori, avrebbe inaugurato l’età dell’oro e dell’equità commerciale. Doveva essere il “dies irae” contro tutti i parassiti mondiali della ingenua e generosa bontà americana, senza essere “reciprocal” e così alla fine dissanguando il tax payer, l’onesto contribuente americano. Trump ripeteva “noi abbiamo aiutato tutti, ma loro mai”. E le voci sulle dimissioni di Elon Musk dal Dogeche ieri Politico ha dato per prossime – aggiungono incertezza all’incertezza, indicando quali e quante tensioni agitino il Dipartimento di Stato.

Ma torniamo ai dazi: la tassazione certa si aggira sul 20%, ma rimangono riserve sull’entrata in vigore perché i criteri sono apparsi incomprensibili. Con un connotato emotivo di rabbia. Arrivavano inoltre cattive notizie su inflazione, recessione e disoccupazione e, più di tutto, indiscrezioni infauste secondo cui gli europei avrebbero dato prova di compattezza e velocità di spirito. Gli alleati di sempre, Europa e Canada ma forse anche Corea del Sud, scioccati dal tradimento americano, si coalizzano. Trump lo sa e lo teme, tanto da aver minacciato dazi ancora più alti in caso di rappresaglia. Il Canada ormai è diventato un membro distante ma integrato dell’Ue e fa da ponte con il Regno Unito. Ad Oriente, la Cina fa causa comune con Giappone e la Corea del Sud.

“Trasferitevi in America”

E l’Italia? La minacciata tariffa del duecento per cento sul Chianti è sospesa. Ma il danno è lo stesso perché gli esportatori si sono tenuti alla larga dal nostro vino. Che senso ha questa guerra del dispetto e delle contromisure? Lo scopo finale sarebbe quello di sedurre le aziende straniere e spingerle a trasferirsi in America per inaugurare l’età dell’oro. Perché questa possibilità si verifichi occorrerà molto tempo. Ma su ciò che accadrà all’America le previsioni indicano lacrime e sangue, carenze di beni commerciali specialmente cinesi mentre sale l’inflazione, scendono le borse e vacilla l’occupazione. Il senatore repubblicano John Kennedy spiega al New York Times che tutto questo apparato di propaganda e punizioni esemplari porterà secondo lui a una catastrofe: “La verità dei fatti è che nessuno ha previsto niente, nessuno è in grado di prevedere niente e dunque non si sa che cosa succederà nel breve termine”.

La vecchia scuola del partito repubblicano diffida del mito trumpiano dell’età dell’oro e vede incertezza, approssimazione e studi incompleti anche perché questa storia delle tariffe imposte in modo ideologico è totalmente nuova, mai avvenuta. Tesla ha frenato la sua continua discesa solo dopo i rumors sul ritorno di Musk ai suoi affari. Il mercato è per ora insensibile alle grida di Trump quando ripete che finora America è stata “ripped off” (fottuta ndr.), in primo luogo dagli europei per non parlare dal Canada e dal Messico. Il punto è che una scioccante e rivoluzionaria operazione economica si rivela per ora soltanto una avventura narcisistica. Anche se fosse vero che gli alleati dell’America sono colpevoli per avere sbafato la sicurezza militare e avere esportato negli Usa raffinati prodotti senza bilanciare gli scambi, nulla e nessuno può essere sicuro che le tariffe sui beni esteri daranno ossigeno a quelli americani.

La perdita di posti di lavoro

Una delle tariffe più controverse è quella annunciata da Trump del 25% sulle automobili straniere, ma il mercato non dà alcun cenno di una impennata nella vendita delle auto americane: milioni di milionari americani che comprano la Mercedes continueranno a comprarla a qualsiasi prezzo. Mentre si ascoltavano e si leggevano le tabelle arrivava la conferma che l’Europa (come Canada e Giappone) raggiungerebbe una sorta d’unione sacra che comprende la Cina. Che è il cuore del mercato americano almeno quanto l’America lo è del mercato cinese. Gli esperti stimano i danni a breve termine con una preoccupazione crescente per le perdite di posti di lavoro, il calo di Wall Street e l’aumento dell’inflazione. Ciascun think tank elabora proposte alternative a quelle che intanto si aggiravano sul venti per cento. Le simulazioni più avanzate sono quelle del New American Security Center che confronta bilancio economico e costi della sicurezza, con la partecipazione anche di funzionari dell’epoca di Biden.

La prima impressione è quella di una drammatica valutazione del rischio dopo aver valutato le contromisure opposte dagli alleati degli Stati Uniti, tra i quali paradossalmente viene inclusa la Cina che, benché superpotenza ostile è un partner commerciale più importante di Canada e Messico colpiti dalle tariffe su acciaio e alluminio. La politica personalistica di Trump domina dunque la scena americana e del mondo con il varo di un programma avventuroso e pieno di ostilità, sicché in questo momento prevale l’incertezza confermata dal costo astronomico delle uova e dalla delusione dei lavoratori dell’auto che non vedono ancora tracce del promesso futuro radioso.