Nel Sì & No del giorno del Riformista spazio al dibattito sul premio di maggioranza. Favorevole alla proposta di legge Elisabetta Gardini (FdI): “Quando un cittadino vota e poi vede che il risultato non conta perché va a governare qualcuno che si è presentato in campagna elettorale con un programma diverso da quello che sarebbe stato scelto dalla maggioranza degli italiani, la democrazia viene presa a schiaffi”. Contrario il costituzionalista Stefano Ceccanti: “In primis perchè la formula è irragionevole. Dà un premio del 55 per cento dei seggi senza una soglia”.

Di seguito il commento di Stefano Ceccanti

La prima domanda da porsi è se sia necessaria una riforma. La risposta è positiva. È sufficiente leggere la celebre intervista di Scoppola ed Elia a Dossetti: la sfiducia reciproca tra le forze costituenti le portò a impostare un Governo debole. Ognuno temeva l’esito delle successive elezioni. Lo si vede anche comparando le Costituzioni dello stesso periodo: sia quella francese della Quarta Repubblica sia quella tedesca. A differenza della nostra la fiducia è di una sola Camera, al solo Presidente del Consiglio, c’è un ruolo rilevante del medesimo sull’indizione di elezioni anticipate, c’è la possibilità di chiedere la revoca di un ministro al Presidente della Repubblica e non solo la nomina, la sfiducia è disincentivata.

La seconda è se una riforma sia oggi inutile perché il Governo si sarebbe già rafforzato con decreti, questioni di fiducia, ecc. Anche qui la risposta è positiva perché il Governo si è rafforzato in questi modi patologici, anomali e surrettizi in quanto non si sono adottati quelli fisiologici e trasparenti descritti sopra. Lo spiega bene il Presidente della Corte Barbera nella recente riedizione di un libro di Predieri.

La terza domanda è se ci siano elaborazioni a cui attingere, che vogliano ottenere la normalità europea di governi di legislatura (già conseguita per Comuni e Regioni) tenendo conto delle specificità del sistema dei partiti italiani e del livello nazionale. Anche qui la risposta è positiva: dal Ruffilli degli anni ’80, alla Tesi 1 dell’Ulivo del 1996 al testo Salvi per il centrosinistra nella Bicamerale D’Alema fino al rapporto dei saggi Napolitano-Letta lo schema è semplice: una legge elettorale decisiva il giorno delle elezioni (altrimenti i partiti non formano i Governi secondo un rapporto stringente e prevedibile tra consenso, potere e responsabilità) e norme costituzionali attinte dalle altre esperienze efficienti, in primis Germania, Spagna e Svezia.

Perché allora dopo tre Sì un No alla proposta del Governo? Anzitutto perché la formula elettorale individuata è irragionevole, dà un premio del 55 per cento dei seggi senza una soglia. Se si vuole ora inserirla e se essa è collegata anche a un’elezione diretta, quella obiettivamente più logica è la maggioranza assoluta con eventuale ballottaggio. Poi perché invece che puntare su quei poteri indicati all’inizio si carica tutto su un’elezione formalmente diretta nell’idea che i poteri poi si prendano sulla base di essa e su un assurdo meccanismo di staffetta dentro la maggioranza. La proposta di Italia Viva non ha queste contraddizioni, ma ricalca troppo quella dei Comuni, risultando troppo rigida per un livello nazionale. Volendo ci sarebbe il tempo per tornare a soluzioni razionali e condivise a due terzi. Il sottoscritto con Libertà Eguale e un altro gruppo con Quagliariello, Calderisi, Polito e altri abbiamo proposto due testi simili in questa direzione. Non disperiamo.